Francia: in un anno liberi 450 detenuti islamici radicalizzati. Li sorveglia un’apposita unità

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Tutto il mondo è paese, anche in Francia leggi e giustizia sono ispirate al buonismo imperante – di matrice sessantottina – e proteggono più i delinquenti che i cittadini onesti, con l’avallo dell’interpretazione dei giudici. Oltralpe ci si prepara, fra poco, all’uscita dal carcere di centinaia di detenuti islamici radicalizzati e per monitorarli si sta creando un’unità speciale delle forze dell’ordine, che dovrà sorvegliare a tempo pieno i loro comportamenti.
Sperando che l’effetto sia migliore di quello ottenuto finora, visto che molti degli autori di attentati erano già stati segnalati, invano, alle autorità di polizia. Si tratta di un esercito di 450 persone, intorno ai 25 anni, quasi tutti maschi, molti già stati in Siria e in Iraq, detenuti da prima del 2015, quando le condanne per terrorismo erano meno severe.
Perla legge hanno scontato la pena e usciranno dal carcere nei prossimi 18 mesi, per la polizia, i giudici, gli psicologi continuano a essere pericolosi, alcuni anche molto pericolosi. «Corriamo un rischio grande: quello di veder uscire dal carcere individui che non si sono necessariamente pentiti, che al contrario, la permanenza in prigione potrebbe avere indurito» ha detto tre giorni fa in tv il procuratore di Parigi François Molins.
al ministero dellintemo si è svolta una riunione per creare una sorta di Unità speciale (l’Unità di coordinamento della lotta antiterrorista, Uclat) incaricata di sorvegliare, controllare, seguire, stare col fiato sul collo a questi 450 integralisti liberi di circolare sul territorio nazionale. Dell’Unità faranno parte agenti dei servizi, psicologi, magistrati, rappresentanti del ministero dellintemo e della Giustizia.
Al di là dei singoli considerati più pericolosi, «i più preoccupanti sono considerati quelli che sono partiti in Siria o in Iraq per dei periodi di addestramento — ha detto Jean-Charles Brisard, presidente del Centro di Analisi del Terrorismo — hanno imparato a maneggiare le armi e attirano reclute, grazie al prestigio del loro status di combattenti».
Negli ultimi mesi è stato avviato un monitoraggio anche nelle prigioni, con l’obbligo per alcuni detenuti di passare quattro mesi di esami (le cosiddette valutazioni di radicalizzazione) che ne dovrebbero stabilire la pericolosità.
Sorveglieranno i 450 soggetti pericolosi, oltre agli agenti speciali dell’Unità di sorveglianza, i magistrati incaricati dell’applicazione delle pene, unici abilitati a prendere misure coercitive come il braccialetto elettronico, l’obbligo di firma al commissariato o il divieto di entrare in contatto con determinate persone o frequentare determinati luoghi. Sperando che queste misure risultino più efficaci di quelle adottate in passato, visto che l’esperienza di questi anni, dal massacro parigino di Charlie Ebdo in poi, non è stata poi così esaltante.

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