Lavoro: i giovani non hanno futuro, o emigrano o debbono arrangiarsi pur di trovare un’occupazione

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Nell’italia del Jobs act, che ha creato un milione di posti di lavoro, per la maggior parte precari e a basso stipendio, si scopre che i nostri giovani o emigrano in cerca di miglior fortuna, o sono disposti a tutto pur di lavorare. Ecco allora che lo spazzino, nobile professione ma che è da sempre considerata tra le professioni meno ambite, scala velocemente posizioni in classifica e diventa quasi un sogno.

E’ quanto emerge dalla prima analisi Coldiretti/Ixè su “I giovani italiani, la vita e il lavoro”. Nel 2018, infatti, più di un giovane senza lavoro su due (56 per cento) accetterebbe un posto da spazzino. Con la disoccupazione che tocca numeri record, il posto da spazzino (che adesso per la verità si chiama meno volgarmente operatore ecologico) è diventato un vero e proprio lusso per gli italiani under 35, che lo preferiscono ad un posto nei call center, da dog sitter o da badante. Poco più della metà (51%) punterebbe a un lavoro nella food delivery (consegna di cibo a domicilio) e un 50% farebbe il dog sitter, che si piazza ben davanti a pony express (39%) e operatore di call center (37%) mentre solo uno su quattro (24%) vorrebbe fare il badante.

Resta sempre solido l’obiettivo italico del posto fisso che rimane il sogno proibito dal 62 per cento dei giovani. In quest’ambito – precisa la Coldiretti – tiene il mito del posto pubblico al quale ambisce il 34 per cento dei giovani, quasi nella stessa percentuale di una poltrona sicura nel settore privato, mentre un 26 per cento vorrebbe fare il libero professionista.

Per quanto riguarda proprio il settore privato, l’industria, un chiarimento in merito agli studi migliori verso cui orientarsi viene dall’indagine di Confindustria Cuneo, che evidenzia le figure professionali più richieste e di difficile reperimento. Nella Granda, su 3.790 nuovi laureati richiesti dal mondo del lavoro nel 2017, più del 33% non è stato trovato sia per assenza di candidati, sia per la loro preparazione inadeguata. Mancano ingegneri industriali (55% di richieste disattese), chimici (76%) e informatici (54,2%). «Serviranno sempre ingegneri e architetti – afferma il Presidente di Confindustria Gola – ma le principali necessità sono di operai specializzati. E va cambiato anche un concetto: non sono più gli operai sfruttati Anni ’60, ma persone con competenze tecniche, creatività e manualità, oltre che molto ben pagate, perché spesso vengono impiegate all’estero».

Nell’attesa di trovare la loro strada i giovani si arrangiano come possono, tanto che 3 su 4 hanno già avuto esperienze lavorative multiple per una media di quasi 4 lavori già cambiati, che salgono a 5 se si considera la fascia tra i 30 e i 34 anni. Le riforme del lavoro e della buona scuola non stanno funzionando come si sperava, tant’è vero che da molte parti si chiede di rivedere il jobs Act e che la ministra Fedeli sta pian piano smantellando le recenti conquiste in tema d’istruzione.

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