Perugia: una ricerca svela la presenza di magma in profondità nell’area del Sannio – Matese

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L’Appennino Meridionale svela agli studiosi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia la presenza di magma in profondità nell’area del Sannio-Matese. La scoperta emerge da uno studio, condotto da un team di ricercatori Ingv e del Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università di Perugia (DFG-UNIPG) intitolato «Seismic signature of active intrusions in mountain chains», e pubblicato su Science Advances. La ricerca impatta sulle conoscenze della struttura, composizione e sismicità delle catene montuose, sui meccanismi di risalita dei magmi e dei gas e su come monitorarli.

I dati raccolti mostrano che i gas rilasciati da questa intrusione di magma sono costituiti prevalentemente da anidride carbonica, arrivata in superficie come gas libero o disciolta negli acquiferi di questa area dell’Appennino. Secondo gli esperti questo magma potrebbe causare terremoti, anche di forte intensità. «Le catene montuose sono generalmente caratterizzate da terremoti riconducibili all’attivazione di faglie che si muovono in risposta a sforzi tettonici – spiega Francesca Di Luccio, geofisico INGV e coordinatore, con Guido Ventura, del gruppo di ricerca – tuttavia, studiando una sequenza sismica anomala, avvenuta nel dicembre 2013-2014 nell’area del Sannio-Matese con magnitudo massima 5, abbiamo scoperto che questi terremoti sono stati innescati da una risalita di magma nella crosta tra i 15 e i 25 km di profondità. Un’anomalia legata non solo alla profondità dei terremoti di questa sequenza (tra 10 e 25 km), rispetto a quella più superficiale dell’area ( 10-15 km), ma anche alle forme d’onda degli eventi più importanti, simili a quelle dei terremoti in aree vulcaniche».

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