Chimet, l’azienda aretina della famiglia Squarcialupi, leader nel recupero dei metalli preziosi, ha ottenuto il rinnovo della registrazione Emas, la certificazione internazionale che monitora la sostenibilità ambientale di associazioni, imprese e enti locali. Il riconoscimento è valido per gli impianti di Badia al Pino e Viciomaggio.
«Da scarti industriali si rigenera la materia prima da immettere in nuovi cicli produttivi, come l’oro e gli altri metalli preziosi destinati sia ai comparti orafi italiani, che alla farmaceutica e alla petrolchimica – dice Cristina Squarcialupi, membro del consiglio di amministrazione di Chimet -. Si tratta di materie prime esauribili che, se non esistessero impianto come quello di Badia al Pino, dovrebbero essere esclusivamente estratte dal sottosuolo, mediante sfruttamento di ampie porzioni di territorio nel mondo che, grazie al recupero, possono essere invece salvaguardate. Inoltre i residui di lavorazione di Chimet non sono da considerare rifiuti, ma sottoprodotti destinati a nuova vita».
Per l’azienda aretina, però, non ci sono soltanto buone notizie. La Giunta regionale ha infatti disposto un’inchiesta pubblica sul progetto di ampliamento dello stabilimento di Badia al Pino: Chimet aveva presentato un piano per aumentare gli stoccaggi, da 335 a mille tonnellate, e per realizzare interventi in modo da trattare 24mila tonnellate di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, con l’obiettivo di recuperare metalli preziosi. Tra i lavori previsti l’inserimento di tre forni per rafforzare la possibilità di trattamento dei catalizzatori e l’installazione di un impianto di abbattimento dei fumi. Un nuovo problema per l’azienda, che sette mesi fa era uscita indenne (così come Squarcialupi) da un’inchiesta per inquinamento.
