Pensione dei parlamentari: dal 15 settembre è scattato il diritto, nessuno gliela toglie

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Per l’interesse che sempre suscita l’argomento riprendiamo una riflessione che era stata fatta dal Sole 24 ore a inizio anno, quando il premier Renzi era partito in resta per arrivare a elezioni anticipate. Innanzitutto sgombriamo il campo ormai da un equivoco- Il dibattito sui vitalizi vale per chi ha svolto il mandato prima del 2012, perché, a partire da tale anno, la rendita vitalizia concessa agli onorevoli al termine del mandato parlamentare e dopo il superamento di una certa soglia d’età è stata abolita e sostituita da una pensione calcolata con il metodo contributivo, basata cioè esclusivamente sui contributi versati (mediamente molto inferiore agli assegni pre-riforma). Per questo, ogni parlamentare versa mensilmente al Fondo pensioni di Camera e Senato un contributo pari all’8,8% della propria indennità parlamentare lorda (poco meno di 800 euro), che si sommano a quanto versano le Camere per ciascun eletto (poco meno di 1.500 euro mensili).

E spieghiamo anche perché la data del 15 settembre, è importantissima per molti che siedono attualmente negli scranni del parlamento. Il diritto alla pensione dell’ex parlamentare scatta non al termine della legislatura ma al compimento dei 65 anni di età e a condizione che abbia alle spalle almeno cinque anni di mandato parlamentare effettivo. In realtà, il minimo sono 4 anni sei mesi e un giorno da parlamentare, per evitare che la pensione salti in caso di scioglimento tecnico dei due rami prima dei 5 anni. Per ogni mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno fino al minimo inderogabile di 60 anni. Se si considera che la XVII legislatura è iniziata il 15 marzo 2013, la data da tener d’occhio era quindi quella del 15 settembre 2017. Uno scioglimento prima di questa data avrebbe fatto perdere ai parlamentari il diritto alla pensione e tutti i contributi versati in questi anni (un tesoretto stimabile intorno ai 20 milioni di euro).

I parlamentari al primo mandato sono molti: 438 su 630 deputati (69,5%) e 191 su 315 senatori (60,6%). Dunque una larga maggioranza trasversale, che pesca soprattutto tra i due partiti maggiori. L’incidenza dei nuovi sugli eletti passa infatti dal 100% del Movimento 5 Stelle, sia alla Camera che al Senato, al 69,44% (Camera) e 62,83% (Senato) degli onorevoli dem.

Dunque una larga maggioranza dei nostri parlamentari potrà brindare, avrà diritto alla pensione. Restano i privilegi del passato, ma per quelli la pdl Richetti, in attesa di discussione e approvazione al Senato, dopo essere passata alla Camera, potrà dire una parola importante, non certo definitiva perché fioccheranno sicuramente i ricorsi alla magistratura e alla Corte Costituzionale.

 

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