Lavoro, contratti: il 2 agosto incontro Aran – Sindacati, ma fioccano già le polemiche

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La storia infinita dei contratti in tutto il pubblico impiego, dalla scuola alla sanità, bloccati da oltre 8 anni, sta avviandosi alla conclusione, ma restano molte nubi all’orizzonte. Un incontro è fissato per mercoledì 2 agosto, l’Aran, l’Agenzia che rappresenta il governo nelle negoziazioni, ha infatti convocato i sindacati confederali per discutere di rinnovo in tutti e quattro i comparti, dopo che è già partita la trattativa sugli statali in senso stretto (ministeriali, dipendenti delle agenzie fiscali e di enti pubblici non economici come Inps o Inail).

Ma i sindacati Anief e Udir già contestano le prospettive del contratto per la scuola, ma alcuni punti contestati sono comuni agli altri comparti. «Sono diverse – spiega una nota – le problematiche irrisolte: il cumulo degli aumenti con il bonus 80 euro in modo che uno non escluda l’altro; la scarsità degli incrementi medi lordi, solo 85 euro, da mettere sulla parte fondamentale della retribuzione, a cui si aggiunge il salario accessorio che sarà distribuito per merito. Tra le questioni trasversali ai comparti ci sono, oltre alle risorse, i capitoli relativi a orari e ferie, nonché la revisione dei permessi e delle assenze per malattia».

Secondo Marcello Pacifico (Anief-Cisal-Confedir), prima di firmare un contratto del genere, ascoltiamo la base con un referendum. «Perché dai nostri calcoli servono 2.400 euro di aumenti annui per i docenti e 6 mila per i dirigenti. I nodi da sciogliere, tuttavia, non sono solo economici. Riguardano, a esempio, la perdurante discriminazione del personale precario rispetto a quello di ruolo. E perché per i neo assunti è stato introdotta, con i sindacati rappresentativi d’accordo, l’assurda abolizione del primo scatto stipendiale? E come mai non è stata ancora introdotta la figura del vicario del dirigente scolastico? È giunto poi il momento di ripristinare le 4mila dirigenze scolastiche tagliate negli ultimi dieci anni. Lo stesso vale per il taglio di 50mila Ata e la mancata assunzione di Ata. Tra il personale non docente, inoltre, grida vendetta il trattamento riservato ai Dsga: che fine ha fatto il loro concorso, più volte annunciato dal Miur, come quello dei presidi e dei Coordinatori di segreteria. Inoltre, non si può gestire un Ata come si faceva 20 anni fa, quando le loro competenze erano decisamente diverse. Come bisogna prevedere organici differenziati per il Sud e le zone disagiate. Per questi motivi diffidiamo i sindacati a non svendere la categoria per pochi denari e arretrando sui loro diritti, come la malattia, i permessi e l’orario di lavoro: rappresenterebbe un errore storico, che il personale, mai come stavolta, si legherebbe al dito».

Il sindacato ha già fatto sapere, al tavolo di contrattazione sull’Atto di indirizzo, che il minimo che il Governo possa proporre è il recupero dell’inflazione indicizzata pari al 7%, come previsto dalla Consulta. A cui si aggiunge la stessa cifra per l’aumento effettivo. Ma siccome sinora non ci sono i presupposti, ha così deciso di presentare ricorso per il recupero totale degli arretrati.

Come si vede una trattativa che parte in salita, visto che da parte governativa non si potrà che confermare «bambole, non c’è una lira». E  così la storia infinita dei contratti del pubblico impiego, fra ricorsi, mancanza di risorse, mancanza di volontà di più governi, è destinata a perpetuarsi, con gravi disagi prevedibili per gli utenti, ma anche per gli addetti, una delle categorie più invise e più sacrificate, insieme ai pensionati, dal governo Renzi.

 

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