Roberto Baggio festeggia 50 anni con i terremotati di Amatrice. Una storia di calcio scritta a Firenze. Poi pallone d’oro e lacrime con il Brasile

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Roberto Baggio ha compiuto 50 anni oggi, 18 febbraio. E li ha voluti festeggiare insieme ai terremotati di Amatrice. Un bel gesto: capace di attirare l’attenzione sulla terra martoriata del Centro Italia, e soprattutto sui suoi problemi. Baggio, che non è un politico ma un personaggio di rara umanità, ha scelto Amatrice per il suo giorno fatidico. Quello in cui ha tagliato il traguardo del mezzo secolo. Personalmente ho tre ricordi di lui impressi nella memoria: la rivolta di Firenze del 1990, in piazza Savonarola, dove c’era la sede della Fiorentina, quando il conta Callisto Flavio Pontello decise di cederlo alla Juventus dell’Avvocato Agnelli per 20 miliardi di vecchie lire. Stava per dare anche la Fiorentina a Mario Cecchi Gori, così volle far cassa. Firenze si ribellò. Il secondo ricordo mi porta a Pasadena, campionati del mondo del 1994, finale con il Brasile arrivata ai rigori. Il Codino manda il pallone sopra la traversa gettando l’Italia nella disperazione e regalando la Coppa del Mondo a un Brasile discreto, ma lontano anni luce dallo squadrone che dei tempi di Pelè.Roberto Baggio in maglia viola

BORGONOVO – Il terzo ricordo si collega al Baggio generoso: la serata allo stadio Franchi dedicata a Stefano Borgonovo. Baggio che spinge la carrozzina del vecchio compagno di squadra ammalato di Sla. In mezzo agli applausi e alle lacrime dei tifosi viola che avevano ammirato la B & B, ossia la coppia Baggio-Borgonovo, capace di devastare le difese avversarie con prodezze da leggenda del calcio. Baggio sorrideva all’amico che riusciva a parlare solo attraverso un marchingegno. Ma anche lui sorridente. Una scena d’altri tempi. Rimasta nella testa e nel cuore di chi ama il pallone ma anche l’altruismo, la solidarietà, l’amicizia.

PANDOLFINI – Roberto Baggio è stato uno dei più grandi campioni di sempre. Un numero 10 che con le sue magie è entrato nel cuore di intere generazioni di tifosi, non solo in Italia. La sua scalata nel calcio comincia nella piccola Caldogno, il paesino in provincia di Vicenza dove nacque il 18 febbraio del 1967. A 13 anni venne preso dal Lanerossi Vicenza per 500mila lire e dopo essersi messo in luce con la maglia biancorossa finì nel mirino della Fiorentina. Artefice del suo ingaggio un grande scopritore di talenti: Egisto Pandolfini. Io ero diventato da poco vicecapocronista de La Nazione, dopo essermi occupato esclusivamente di calcio per tanti anni, all’inizio della mia carriera. Un giorno, passando dallo stadio per salutarlo, Pandolfini mi disse: «Te se sei arrivato stravedere per Antognoni, ma guarda, ora arriva da Vicenza uno che può essere paragonato lui». Baggio, appunto.

BACCANI – I viola lo ingaggiano nel 1985, ma il suo trasferimento a Firenze rischia di saltare per un grave infortunio al ginocchio, il primo di una lunga serie, che lo costringe a un’assenza dai campi di oltre un anno. Nonostante ciò, la Fiorentina continua a credere in lui. E nel professor Alberto Baccani, grandissimo preparatore atletico che lo rimette a nuovo. In maglia viola, Baggio segna 39 gol e diventa un vero e proprio idolo dei tifosi. Nella stagione 1988-1999 forma con Stefano Borgonovo un tandem d’attacco particolarmente prolifico, passato alla storia come la B & B. L’anno seguente guida la Fiorentina fino alla finale della coppa Uefa, poi persa contro la Juventus. Poco dopo, il 18 maggio 1990, si consuma il suo divorzio da Firenze. Il presidente Pontello cede alle avance della Juve e Baggio viene ceduto per 18 miliardi di lire al club bianconero, una cifra record a quei tempi. A Firenze si scatena una vera e propria rivolta per le strade, la protesta arriva fino alle porte del ritiro degli azzurri a Coverciano.

SCIARPA – Ma il rapporto d’amore fra Baggio e Firenze non terminerà e nell’aprile del 1991 vivrà un nuovo capitolo. La Juventus perde a Firenze per 1-0 e Baggio, in maglia bianconera, si rifiuta di calciare il rigore contro la sua ex squadra. Uscendo dal campo, il Divin Codino saluta i suoi ex tifosi e raccoglie una sciarpa viola che gli viene lanciata dagli spalti. Ma è proprio a Torino che Baggio raggiunge l’apice della sua carriera, conquistando il suo primo scudetto, una coppa Italia e una coppa Uefa. Nel 1993 il numero 10 della Juve vince anche il Pallone d’Oro, il terzo italiano di sempre dopo Gianni Rivera e Paolo Rossi. Con la maglia dell’Italia si era già messo in luce nelle notti magiche di Italia ’90, ma è ai Mondiali in Usa del 1994 che Baggio fa sognare i tifosi azzurri, guidando la Nazionale di Sacchi fino alla finale contro il Brasile dopo averla salvata dall’eliminazione agli ottavi contro la Nigeria con un gol all’ultimo respiro e un altro su rigore ai supplementari.

BRASILE – Ma è proprio contro il Brasile che si consuma un dramma sportivo mai dimenticato: la partita si trascina ai rigori e il numero 10dell’Italia spedisce il pallone oltre la traversa. Sfuma il sogno di alzare al cielo la coppa del mondo e per il Codino quel momento diventerà una specie di incubo. Superato lo shock, anche grazie all’aiuto della fedebuddhista, Baggio continua a scrivere altre pagine di storia del calcio italiano suon di gol e prodezze. Vince un altro scudetto con il Milan, poi regala gioie ai tifosi di Bologna e Inter prima di chiudere la carriera con la maglia del Brescia di Carletto Mazzone: realizza ben 45 gol in 95 partite dopo essersi lasciato alle spalle l’ennesimo infortunio e, dopo avere ricevuto la standing ovation di San Siro in occasione dell’ultima partita il 16 maggio del 2004, il Brescia decidedi ritirare la maglia numero 10. Chiusa la carriera, apre una breve parentesi senza grande fortuna alla guida del settore tecnico della Figc. Intanto, continua a dedicarsi alla sua passione per la caccia nella sua tenuta in Argentina. Il mondo del pallone però non si dimentica di lui e nel 2011 entra di diritto nella Hall of Fame del calcio italiano. Ma lui non si isola in un mondo d’oro: mette il suo nome e la sua fama a disposizione anche di chi ha bisogno. Da qui la scelta di celebrare i 50 anni ad Amatrice. Fra la neve che si scioglie e lo sciame sismico che continua a far paura.

Sandro Bennucci

 

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