Nel giorno del lutto per le 137 vittime e il dolore per i 180 feriti, la Russia continua a non voler credere alla rivendicazione dell’Isis. Mentre tutti gli osservatori occidentali ripetono la stessa cosa: "A Putin fa comodo puntare il dito su Kiev". Londra è ancora più esplicita: "I russi alzano solo fumo".
Eventi cancellati, teatri chiusi e bandiere a mezz’asta, comprese quelle delle ambasciate europee e di quella americana, mentre sui mandanti della strage non si placano le polemiche tra gli Usa, che ribadiscono di credere alla rivendicazione dell’Isis, e Mosca, che dice di trovare sospetta un’assoluzione così rapida di Kiev da parte delle autorità statunitensi. Mosca non crede alla pista islamica: nessun risalto ha avuto del resto nei media ufficiali russi il video macabro dell’attacco diffuso dall’agenzia dello Stato islamico, secondo la quale sarebbe stato realizzato dagli stessi assalitori.
Il bilancio delle vittime, come detto, è salito a 137 morti e 180 feriti. Mentre i quattro arrestati con l’accusa di essere gli autori dell’assalto, bloccati nella regione di Bryansk mentre secondo le autorità russe cercavano di varcare il confine con l’Ucraina, sono stati portati per gli interrogatori formali nella sede del Comitato investigativo federale a Mosca. Ieri, nel suo discorso televisivo alla nazione, il presidente Vladimir Putin aveva ignorato la rivendicazione da parte dell’Isis, evocando una possibile responsabilità dell’Ucraina. La vicepresidente Usa Kamala Harris ha ribadito che "non c’è nessuna prova che Kiev sia dietro l’attentato".
Ma il cancelliere dello Scacchiere britannico, Jeremy Hunt, ha affermato che la Russia sta solo "creando una cortina fumogena di propaganda". Pronta la controreplica della portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, secondo la quale, "finché l’inchiesta non sarà completata, ogni frase da Washington che giustifichi Kiev dovrebbe essere considerata come una prova". Continua intanto il pellegrinaggio dei moscoviti davanti ai resti del Crocus City Hall, dove è stato allestito un memoriale improvvisato, ricoperto da una marea di fiori. Anche molte famiglie con bambini si avvicinano per accendere candele e lasciare giocattoli.
Sui resti carbonizzati della sala da concerti è stato installato un enorme schermo elettronico dove appare l’immagine di una candela e la scritta: "Crocus City Hall. 22/3/2024. Siamo in lutto". Un’immagine ripresa sui tabelloni pubblicitari di Mosca e di diverse altre città russe. Molti media riportano intanto la storia di Islam Khalilov, un ragazzo di 15 anni di evidente appartenenza musulmana, che lavorava al guardaroba della sala da concerti e ha salvato decine di persone che erano rimaste bloccate, indicando loro la via di fuga.
La tensione resta alta: a San Pietroburgo un centro commerciale è stato evacuato dopo che un uomo aveva chiamato la polizia dicendo che aveva piazzato una bomba nei locali, venendo subito arrestato. Putin ha parlato oggi al telefono con il presidente del Tagikistan, Emomali Rahmon. I due capi di Stato hanno sottolineato che "i servizi di sicurezza della Russia e del Tagikistan stanno lavorando a stretto contatto per contrastare il terrorismo e che questo lavoro sarà intensificato", ha detto il Cremlino, dopo che ieri si era diffusa la notizia che a bordo dell’auto su cui sono stati bloccati i quattro attentatori erano stati trovati passaporti tagiki.
I media russi hanno fatto sapere che, ovviamente, la prossima riunione settimanale del Consiglio di Sicurezza nazionale sarà dedicata all’attentato di Mosca. Qualche voce si spinge fino a prevedere una nuova mobilitazione militare per intensificare gli attacchi all’Ucraina, o una dichiarazione di guerra formale, ma fonti diplomatiche ritengono improbabile allo stato attuale una decisione del genere, che comporterebbe tensioni sociali.
"Anche dopo il terribile attentato terroristico bisogna essere sempre calmi e prudenti" e lavorare a "evitare una escalation", ha detto da parte sua il ministro degli Esteri Antonio Tajani, invitando la Russia a "non strumentalizzare" l’accaduto. Momenti di paura sono stati vissuti intanto a Erevan, capitale dell’Armenia, dove tre uomini hanno attaccato una stazione di polizia per ragioni non chiarite. Due sono rimasti feriti dall’esplosione di una granata che avevano con sé. Un terzo, che si era barricato nell’edificio minacciando di fare esplodere un altro ordigno, è stato arrestato dalle forze speciali.