Prima di andarsene, Silvio Berlusconi ha scritto una sorta di testamento politico. Con al centro la sua intuizione: Forza Italia. Come rivela dalle pagine del Corriere la figlia Marina, Berlusconi, mentre era ricoverato al San Raffaele, a due giorni dalla morte, ha raccolto le forze per buttare giù in una sorta di auto-intervista il suo "lascito ideale".
Quattro pagine scritte con la calligrafia affaticata di un uomo arrivato, ormai, agli ultimi giorni di vita. Ma deciso a lasciare il proprio testamento politico a chi porterà avanti il partito da lui fondato. "Amore, pace, libertà, giustizia".
Nei fogli scorrono i capisaldi della linea del Cavaliere. "Forza Italia – scrive Berlusconi che si autointervista – è il partito del cuore, Forza Italia è il Partito dell’amore" che "dà a chi non ha". E ancora: "è il partito della casa che dovremmo avere tutti" e "del mondo senza frontiere, del mondo che si ama, del mondo unito e rispettoso di tutti gli Stati". Il partito "della libertà della democrazia, del cristianesimo, della dignità, del rispetto di tutte le persone, è il partito del garantismo della giustizia giusta". Una forza – scrive il Cavaliere – "del mondo che ama la pace, del mondo che considera la guerra la follia delle follie".
Un passaggio che risuona nelle parole di Matteo Salvini, unica voce non azzurra che oggi omaggia Berlusconi: "finché è vissuto ha provato fino all’ultimo a riannodare i fili di pace, far stingere mani, come riuscì – ricorda – portando alle stesso tavolo Bush e Putin".
Il leader di FI Antonio Tajani fa sapere di aver telefonato a Marina per ringraziarla "a nome di tutto il partito per averci raccontato gli ultimi momenti insieme a suo padre. Il suo – sottolinea – è un testamento politico, le nostre Radici del Futuro. Per l’Italia, il Paese che amiamo", dice il ministro degli Esteri chiudendo metaforicamente il cerchio con la citazione del discorso della discesa in campo del Cavaliere. Ma è tutto il partito azzurro – dai vertici ai capigruppo – che si fa sentire per sottolineare l’"unicità" di Berlusconi e ringraziare Marina. Che ha scelto, tra l’altro, di mostrarsi in una versione in qualche modo inedita raccontando un momento molto intimo.
"Quelle quattro pagine – racconta Marina – le ho poi lette e rilette decine di volte, me le sono rigirate tra le mani per ore, per giorni, e ogni volta mi manca il respiro. Sono un ricordo molto privato, ma io credo sia giusto non rimangano soltanto un ricordo privato. Non contengono nulla di inedito, ma mi piace condividerle con quanti a mio padre hanno voluto bene, con quanti hanno creduto in lui e continuano a credere nelle sue idee".
Intanto, per quanto riguarda il partito, un nuovo modo per ricordarlo sarà quello dell’evento organizzato per il 27 marzo a Napoli a 30 anni dalla vittoria del ’94. Ad annunciarlo il coordinatore regionale del partito in Campania, Fulvio Martusciello. Dopo la la discesa in campo – ricorda – "in due mesi FI raccolse l’eredità della Dc, del Psi, dei moderati e degli anticomunisti. Della storica vittoria del 1994 – afferma Martusciello – a noi, oltre all’orgoglio di aver salvato il Paese, resta l’eredità ideale e politica di Silvio Berlusconi".
"Ero lì con lui, in quella camera del San Raffaele di Milano, nel primo pomeriggio di sabato 10 giugno, quando (mio padre, ndr) scrisse queste righe. E non potrò mai, mai dimenticare". Così Marina Berlusconi nella prefazione al nuovo libro di Paolo Del Debbio, pubblicata questa mattina dal Corriere della Sera. Nel libro è contenuto l’ultimo scritto di Silvio Berlusconi.
"Gli avevo fatto visita la sera precedente – ricorda – l’avevo visto bene. Tornai il giorno dopo, trovai purtroppo un altro uomo. Abbandonato su una poltrona, molto affaticato, cupo, sofferente. Si fece accompagnare dalla poltrona al tavolo.
Chiese carta e penna, chinò il capo e cominciò a scrivere. Mi sedetti vicino a lui e lo guardai lavorare. A un certo punto si fermò, alzò lo sguardo, lo fissò nei miei occhi e disse qualcosa che mi porterò dentro fino al mio ultimo istante: "Vedi, Marina, la vita è così: vieni, fai fai fai… e poi te ne vai".
"Finì la prima pagina, me la passò, lessi – racconta ancora – E mi cascò il mondo addosso. Perché mi resi conto che quello che stava scrivendo era il suo lascito ideale, il suo testamento, la sintesi delle convinzioni e dei valori che lo avevano sempre accompagnato. Lui continuò a scrivere, e quando ebbe finito chiese di essere riaccompagnato a letto. Io restai lì impietrita, facendo finta di non aver compreso quello che entrambi avevamo compreso benissimo".
"Quelle quattro pagine le ho poi lette e rilette decine di volte, me le sono rigirate tra le mani per ore, per giorni, e ogni volta mi manca il respiro. Sono un ricordo molto privato, ma io credo sia giusto non rimangano soltanto un ricordo privato. Non contengono nulla di inedito, ma mi piace condividerle con quanti a mio padre hanno voluto bene, con quanti hanno creduto in lui e continuano a credere nelle sue idee".