Morte di Saman: il fratello, al processo, accusa la famiglia. “Mio zio la prese per il collo”

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"Ha avuto un gran coraggio", ha commentato l’avvocata difensore del fidanzato di Saman, parlando del fratello della ragazza: che oggi, 31 ottobre 2023, nell’aula della Corte d’Assise di Reggio Emilia ha ribadito le accuse contro genitori, zio e due cugini. Li ha accusati di aver ucciso Saman.

La paura che lo ha accompagnato tutta la vita non è svanita del tutto, ma alla fine della giornata è un po’ più lontana, ci è come passato attraverso. Il fratello di Saman ha avuto momenti di cedimento, anche di lacrime. Ma ha affrontato, soffrendo, il suo passato e la sua famiglia, le regole del processo italiano, le domande incessanti.

"Voglio parlare, voglio dire tutta la verità", l’intento espresso dal giovane appena seduto dietro al paravento nell’aula della Corte di assise di Reggio Emilia, prima di ribadire le accuse contro i genitori, lo zio, i due cugini.

Ha solo 18 anni, la stessa età della sorella quando venne uccisa e il suo corpo sotterrato in un casolare vicino a casa, a Novellara, nella Bassa.

All’epoca, 30 aprile 2021, ne aveva sedici e le sue dichiarazioni sono i puntelli della Procura e dei carabinieri. L’eventualità che il ragazzo, spaventato dall’ipotesi di finire a propria volta indagato per il delitto, decidesse di avvalersi della facoltà di non rispondere, è stata superata in pochi istanti.

Nel corso del primo round della sua testimonianza (che proseguirà venerdì) ripete le accuse, riferisce di aver assistito agli istanti precedenti all’assassinio. Una testimonianza oculare: "Ho visto tutta la scena. Io ero alla porta. Mia sorella camminava, mio zio l’ha presa dal collo e l’ha portata dietro alla serra. Ho visto i cugini, solo la faccia".

Il padre era lì, la madre guardava. "Avevo paura anche io di fare la stessa fine". L’udienza più attesa del processo ha avuto tratti e toni drammatici. Coperto, per non fargli incrociare lo sguardo del padre Shabbar, dello zio Danish e dei cugini Nomanhulaq e Ikram, il testimone risponde alle domande della difesa, l’avvocato Luigi Scarcella che assiste il cugino Nomanhulaq, che per ore ha provato a minarne l’attendibilità e ad evidenziare eventuali contraddizioni.

Lui parla in italiano, poche volte serve l’interprete, tanti elementi dice di non ricordarli. Ad alcune questioni contrappone il silenzio, su altre è evasivo, ammette di essere confuso. Anche la presidente della Corte, Cristina Beretti, lo incalza spesso. E non gli concede di interrompere, dopo sette ore di domande. Ricostruire cosa avvenne a Novellara il 29 e il 30 aprile costa fatica, così come vedere i filmati di quei giorni.

"Sto troppo male", dice a metà pomeriggio, piangendo. Altre cose, tuttavia, le esprime con grande chiarezza: Per esempio quando in passato affermò che i cugini non c’entravano nulla fu "una bugia perché mio padre mi disse di farlo".

"Mi ha detto di non dire niente", spiega, aggiungendo: "Io da piccolo avevo paura di mio padre e di mio zio". Il 18enne riferisce poi di una riunione dei cinque familiari imputati, in camera, pochi giorni prima della scomparsa.

"Mentre facevano i piani, io stavo sulle scale ad ascoltare, non tutto ma quasi. Ho sentito una volta mio padre che parlava di ‘scavare’". Chi faceva i piani? "Noman, papà, mamma e altri due, Danish e Ikram". Altra domanda: qualcuno ti aveva detto che Saman era stata seppellita? "Sì". E chi te lo aveva detto? "Noman, gli avevo chiesto io, perché volevo abbracciare mia sorella. E perché di questo, ha domandato allora l’avvocato di Nomanhulaq, non parlò negli interrogatori?

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"Perché non mi dissero di preciso dov’era, solo che era sotto terra. E sempre per la questione di mio papà, avevo paura di lui". Poi l’ultima sera, gli ultimi momenti. Il padre Shabbar, ha raccontato, lo avrebbe minacciato, intimandogli di mostrare le chat tra lei e il fidanzato, che il sedicenne aveva registrato:

"Mi disse fammi vedere questi messaggi, se no ti appendo a testa in giù nelle serre". Poi Saman andò in bagno e quando uscì ci fu il litigio tra i familiari e la 18enne, che voleva andarsene. "Voleva fare la sua vita", ha detto il ragazzo.

"Mentre era in bagno mio padre ha chiamato qualcuno. Ho sentito qualcosa del tipo ‘state attenti alle telecamere’". Poi la scena, vista dalla porta di casa, con lo zio che prendeva la giovane per il collo, portandola verso le serre, insieme ai cugini, verso il buio. E la mamma, intanto, cosa faceva? "Guardava".

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