Elezioni in Turchia: Erdogan sfidato dal “nuovo Gandhi”. Che spera anche nel sostegno dei giovani, dei curdi, dei siriani

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Questa volta Erdogan rischia davvero la poltrona presidenziale. Perchè c’è una nuova generazione di elettori, in Turchia, che potrebbe essere l’ago della bilancia fra lui e lo sfidante, leader dell’opposizione, Kemal Kilicdaroglu, il cosiddetto "Gandhi turco": sono i curdi, i giovani, i siriani. Per questo le elezioni in Turchia di domenica 15 maggio sono caratterizzate da assoluta incertezza. Sarà una contesa all’ultimo voto, in cui saranno decisivi, come accennato, i 25 milioni di curdi del Paese, i 5 milioni di giovani della generazione ‘z’ chiamati alle urne per la prima volta, ma in cui anche i siriani avranno un ruolo centrale.

ERDOGAN – "I curdi mi hanno votato e mi voteranno ancora": ha detto Erdogan parlando nella città curda di Batman, in uno degli ultimi comizi della campagna elettorale che lo vede in leggero svantaggio rispetto al rivale. Erdogan è consapevole di quanto si sia complicata la corsa alla riconferma dopo la decisione del partito filo curdo Hdp di non presentare un proprio candidato. Si tratta di un bacino di voti corrispondente a circa l’11-12%, e il presidente in carica deve evitare che si tramuti interamente in consenso per l’avversario. Erdogan punta su una strategia che gia’ aveva portato frutti negli scorsi anni, distinguendo tra curdi e terroristi separatisti del Pkk. "Il Pkk e i nostri fratelli e sorelle curdi sono completamente diversi per noi. Non considereremo mai nella stessa maniera curdi e Pkk. Per anni il Chp (partito di Kilicdaroglu ndr) ha tormentato i curdi, noi li abbiamo riconosciuti e ne abbiamo alleviate le sofferenze", ha detto Erdogan riferendosi alle politiche del Chp di Kilicdaroglu in passato, quando ignorava la questione curda. "Kilicdaroglu ha fallito nell’accusare Hdp e ora non è capace di chiamare terroristi quelli del Pkk, ora vuole liberare Selattin Demirtas (leader di Hdp in carcere dal 2016 con l’accusa di terrorismo ndr )".

KILICDAROGLU – Chi è l’avversario di Erdogan? ‘Diritti, legge, giustizia’. Si deve a Kemal Kilicdaroglu, il leader del partito laico e di centro sinistra Chp che sogna di battere Erdogan, il messaggio gridato con più forza nei comizi dei partiti di opposizione. Lo slogan nacque nel 2017, quando Kilicdaroglu guidò ‘la marcia della giustizia’, una manifestazione politica da lui ideata per protestare contro gli arresti e le purghe di migliaia di dissidenti all’indomani del tentato golpe del luglio 2016. Molti di loro non avevano nessun legame con i golpisti, ma erano semplicemente dei critici. La marcia di 450 km da Ankara a Istanbul, partecipata da centinaia di migliaia di persone in circa tre settimane, fu pacifica ma ricevette comunque attacchi da parte di militanti del partito del presidente e dei suoi alleati. Kilicdaroglu continuò imperterrito a marciare, invitando i suoi sostenitori a non rispondere alle provocazioni, cosa che gli valse anche all’estero il soprannome di ‘Gandhi turco’.

KEMAL ATATURK – La calma e il contegno sono tra le caratteristiche principali di questo politico di 74 anni che ha passato gli ultimi venti in partiti di opposizione all’attuale capo di Stato turco. Nato in una famiglia di umili origini nell’Anatolia centrale, dopo una brillante carriera da studente di economia, Kilicdaroglu lavorò a lungo al ministero delle Finanze per poi diventare direttore dell’Istituto turco per la previdenza sociale. Lasciò nel 1999 per tuffarsi in politica con una formazione di centro sinistra, e nel 2002 fu eletto deputato con il Chp, il maggior partito di opposizione in parlamento, di area nazionalista e fermamente laico, fondato nel 1923 dal padre della Repubblica di Turchia, Mustafa Kemal Ataturk. È lo stesso anno della prima vittoria alle elezioni del partito Akp di Erdogan, che l’anno successivo diventò premier, inaugurando una stagione ventennale alla guida dei governi di Ankara che dura tuttora.

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ALLEANZA – La marcia della giustizia è stato il più grande successo della carriera politica di Kilicdaroglu, che finora non è mai riuscito con il suo partito ad intaccare il dominio di Recep Tayyip Erdogan. L’unica eccezione è rappresentata dalle elezioni locali del 2019, dove due membri del suo partito furono eletti sindaci nella capitale, Ankara, e a Istanbul, battendo i candidati dell’Akp del presidente che governava le due più importanti città turche dai primi anni del 2000. Senza mai mettere in discussione l’anima laica del partito, Kilicdaroglu ha lavorato negli scorsi anni soprattutto per spostare il Chp verso posizioni più socialdemocratiche e concilianti verso segmenti della società turca che la formazione politica aveva tradizionalmente ignorato, per non dire osteggiato, come i religiosi o la minoranza curda. In questo modo è riuscito a creare un’ampia alleanza di opposizione per fronteggiare Erdogan, formata da forze molto diverse tra loro, tra cui partiti islamisti, e soprattutto a trovare il sostegno della principale formazione filocurda, lo Ysp, che ha chiesto ai suoi elettori di votare per Kilicdaroglu.

IMPRESA – Durante la campagna elettorale il leader dell’opposizione ha rotto un altro tabù parlando esplicitamente delle sue origini aleviti, una corrente minoritaria dell’Islam – non sunnita, né sciita – presente in Turchia e regolarmente al centro di attacchi e discriminazioni. "Le nostre identità sono le risorse che ci rendono ciò che siamo", ha detto Kilicdaroglu rivolgendosi ai giovani per convincerli a votare per lui, riuscendo negli ultimi giorni a scavalcare Erdogan nei sondaggi. Fino a sognare l’impresa.

Ernesto Giusti

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