Attentato a Putin, Zelensky: “Non siamo stati noi”. Il sospetto: “false flag” per incolpare Kiev. Lo “zar” non era al Cremlino

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Attacco con i droni al Cremlino, dove Putin non c’era. Kiev smentisce di averlo organizzato. E Zelensky afferma: "Non vogliamo uccidere Putin, perchè intendiamo portarlo davanti a un giudice". Ed ecco, allora, il sospetto di non pochi osservatori: l’attacco potrebbe essere "una false flag, ovvero un’operazione organizzata dall’apparato russo per far ricadere la colpa su qualcun altro". In questo caso, ovviamente, sugli ucraini, osserva Mara Morini, senior fellow del Centro studi Geopolitica.info e docente di Politics of Eastern Europe all’Università di Genova.

"Questa operazione avviene a pochi giorni dalla parata del 9 maggio e servirebbe a confermare la narrazione di una Russia che si deve difendere dagli attacchi ucraini", spiega Morini, la quale ricorda che "in questi mesi i russi avevano già parlato di attacchi terroristici ucraini nei territori russi". Cosa che si sarebbe verificata anche in questi ultimi giorni. Prima con un bombardamento sul villaggio di Suzemka, nella regione di Bryansk, che avrebbe fatto quattro morti, poi con i sabotaggi alle reti ferroviarie di Mosca, sempre nella stessa regione di confine.

"Questi episodi avrebbero già potuto giustificare una reazione anche massiccia da parte di Mosca", chiarisce Morini, ma un attacco al cuore della Russia e delle sue istituzioni richiederebbe "una dimostrazione di forza ancora maggiore da parte del Cremlino, visto quello che sarebbe un tentativo di uccidere Putin". Cosa che sarebbe comunque stata difficile dal momento che, fa presente Morini, "il presidente russo non è quasi mai al Cremlino e la sua presenza non era prevista in agenda".

In ogni caso, però, l’attacco potrebbe giustificare "un’escalation maggiore rispetto a quella che abbiamo già visto", anche per "non far apparire Putin debole nei confronti dell’opinione pubblica russa". Ma c’è di più: "Kiev, la capitale, e soprattutto la classe politica ucraina potrebbero tornare a essere gli obiettivi della Russia. Oppure Mosca potrebbe avviare immediatamente una controffensiva russa, anticipando quella ucraina", dice Morini.

In questa direzione andrebbero anche le prime dichiarazioni russe, come quelle del presidente della Duma Vyacheslav Volodin, secondo cui Mosca deve ora impiegare "le armi capaci di fermare e distruggere il regime terrorista di Kiev". Queste parole "potrebbero essere effettivamente un tentativo di cercare nuovi sostegni militari da altri Paesi alleati per avere un maggior tesoretto di armi per contrattaccare", prosegue Morini, segnalando che in ogni caso la Russia si è già riarmata molto nell’ultimo periodo. La senior fellow di Geopolitica.info – che ha curato tra l’altro ‘La svolta della Russia’ (Carocci editore) assieme a Gabriele Natalizia – non esclude comunque che si tratti realmente di un attacco ucraino.

Una cosa possibile anche a causa "della mancata comunicazione tra Kiev e Washington" di questi mesi, che ha fatto sì che "gli ucraini potessero attaccare nel territorio russo". Secondo Morini, infatti, è plausibile che, "da Paese aggredito, gli ucraini dicano ‘dobbiamo colpire l’aggressore’, ma l’aggressore ha la capacità militare per reagire in maniera molto più violenta di quanto fatto finora".

Nel caso si trattasse di un attacco organizzato da Kiev, lo scopo sarebbe anche quello di galvanizzare le truppe in vista di quello che potrebbe succedere da qui a breve: "Si parla molto delle reazioni della controffensiva sul morale dei soldati, sapere che si ha la possibilità di colpire il Cremlino può sicuramente aiutare il morale delle truppe", osserva Morini. La professoressa ha comunque più di un dubbio sul fatto che la controffensiva sia un’azione conclusiva: "Non credo che siamo di fronte a una battaglia definitiva, credo che ci saranno molte controffensive da qui in avanti".

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Ernesto Giusti

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