Papa in Congo: “Giù le mani dall’Africa, non è miniera da sfruttare”

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Quello di Papa Francesco dal cuore da Kinshasa, capitale del Congo, non è un grido di dolore e nemmeno un appello. E’ un monito a tutto il mondo: "Giù le mani dall’Africa, che non è una miniera da sfruttare". Basta assalto alle risorse naturali e all’ambiente. Ma soprattutto, è il pensiero del Pontefice, occorre fermare quel "colonialismo economico" che toglie la dignità ai popoli di questo continente.

Il Papa è qui per parlare di "pace e riconciliazione", ma anche per incoraggiare la gente ad alzare la testa e per chiedere ai politici locali di non lasciarsi "comprare". Perché tante delle violenze che insanguinano l’Africa, da decenni, sono legate anche alla gestione delle risorse naturali, dai diamanti al coltan per i telefonini, che finiscono per essere risorse "insanguinate". Il Papa, nel discorso alle autorità a Kinshasa, ha parlato anche del "genocidio dimenticato che sta subendo la Repubblica Democratica del Congo". Il Presidente Félix Antoine Tshilombo Tshisekedi aveva precedentemente parlato di "terrorismo al servizio degli stranieri", soprattutto nell’est del Paese, e aveva sottolineato che questo si consuma nel "silenzio della comunità internazionale".

Il Papa aspettava da mesi questo viaggio, che aveva dovuto rinviare a causa dei problemi al ginocchio. E lo aspettava soprattutto la gente che all’arrivo di Francesco si è riversata nelle strade. Il Boulevard Lumumba, i venti chilometri di arteria che collega l’aeroporto al centro della megalopoli africana, è diventata un tappeto di gente. D’altronde qui un Papa non veniva da 38 anni e il Paese si chiamava ancora Zaire. Una gioia incontenibile per una popolazione che per oltre il 90 per cento è cristiana, tra cattolici (la metà dei cento milioni di congolesi), protestanti e pentecostali. Kinshasa, la capitale con oltre quindici milioni di abitanti, è in festa per l’arrivo di questo anziano Papa che sfida la sua salute e le allerte per la sicurezza pur di portare il suo messaggio di pace ad un Paese che ne ha bisogno. "Avrei voluto andare a Goma – confida il Pontefice ai giornalisti – ma c’è la guerra e non si può". E’ la zona ad est, quella più travagliata del Paese, dove gli attentati sono all’ordine del giorno e dove fu ucciso l’ambasciatore italiano Luca Attanasio.

Per arrivare in Congo, l’aereo del Papa ha attraversato il deserto del Sahara. Francesco ha guardato dall’oblò e ha pensato alle persone "in cerca di un po’ di benessere e di libertà" e allora ha pregato in silenzio per chi "non ce l’ha fatta". "Giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo, giù le mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare". Il Papa ha parlato di "una terra così bella, vasta e rigogliosa" ma "ampiamente depredata" e che "non riesce a beneficiare a sufficienza delle sue immense risorse: si è giunti al paradosso che i frutti della sua terra lo rendono ‘straniero’ ai suoi abitanti. Il veleno dell’avidità ha reso i suoi diamanti insanguinati".

Il Papa va avanti a fatica, interrotto da tanti applausi, nel suo primo discorso in Congo, quello rivolto alle autorità, agli imprenditori e ai diplomatici del Paese. Il Papa invita le autorità della Repubblica Democratica del Congo ad investire sui giovani e sulla loro istruzione. "I diamanti più preziosi della terra congolese, che sono i figli di questa nazione, devono poter usufruire di valide opportunità educative". "L’educazione – ha sottolineato Papa Francesco – è fondamentale: è la via per il futuro, la strada da imboccare per raggiungere la piena libertà di questo Paese e del Continente africano". Francesco ricorda però che "tanti bambini non vanno a scuola: quanti, anziché ricevere una degna istruzione, vengono sfruttati! Troppi muoiono, sottoposti a lavori schiavizzanti nelle miniere. Non si risparmino sforzi per denunciare la piaga del lavoro minorile e porvi fine. Quante ragazze sono emarginate e violate nella loro dignità!". Chissà se le parole di Francesco, varcando oceani e montagne, riusciranno a far breccia, o almeno a scalfire, chi sta già pianificando nuove invasioni, nuove conquiste, nuove guerre che gli africani, comunque vada, non vincono mai.

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Ernesto Giusti

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