Arrestato Matteo Messina Denaro: dopo 30 anni di latitanza. E’ accusato anche della strage dei Georgofili, a Firenze

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I carabinieri del Ros hanno arrestato a Palermo, all’interno di una clinica privata, il boss mafioso Matteo Messina Denaro. Era latitante da 30 anni. L’inchiesta che ha portato alla cattura del capomafia di Castelvetrano (Tp) è stata coordinata dal procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia, e dal procuratore aggiunto, Paolo Guido.

Matteo Messina Denaro si era recato nella clinica privata dove è stato arrestato "per sottoporsi a terapie". Lo dice il comandante del Ros dei carabinieri Pasquale Angelosanto dopo l’arresto del boss compiuto dagli uomini del raggruppamento speciale assieme a quelli del Gis e dei comandi territoriali.

Figlio del capomafia di Castelvetrano (Tp) Ciccio, storico alleato dei corleonesi di Totò Riina, Matteo Messina Denaro era latitante dall’estate del 1993, quando in una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze (la strage dei Georgofili, ostata la vita a 5 persone, il 26 maggio del 1993). Fu lui stesso a prennunciare preannunciò l’inizio della sua vita da Primula Rossa. "Sentirai parlare di me – scrisse alla fidanzata, facendo intendere di essere a conoscenza che di lì a poco il suo nome sarebbe stato associato a gravi fatti di sangue – mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità".

Il capomafia trapanese è stato condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del ’92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma.

Messina Denaro era l’ultimo boss mafioso di "prima grandezza" ancora ricercato. Per il suo arresto, negli anni, sono stati impegnati centinaia di uomini delle forze dell’ordine. Oggi la cattura, che ha messo fine alla sua fuga decennale. Una latitanza record, come quella dei suoi fedeli alleati Totò Riina, sfuggito alle manette per 23 anni, e Bernando Provenzano, riuscito a evitare la galera per 38 anni.

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