Case green: patrimoniale mascherata. L’Italia pronta a bloccare la nuova (e sospetta) direttiva Ue

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In Europa, ma soprattutto nel Nord del continente, c’è sempre qualcuno che si sveglia con un’idea capace di provocare danni a qualcun altro. E’ il caso, ora, della presidenza di turno svedese dell’Unione europea, che respinge ogni richiesta di trovare intese condivise sui migranti, ma che s’impegna ad approvare la cosiddetta direttiva sulle case green entro sei mesi. Direttiva che, di fatto, imporrebbe l’obbligo di ristrutturare entro il 2030 due immobili su tre, per renderli più efficienti da un punto di vista energetico.

Un’onere insostenibile soprattutto per i proprietari di case italiani, sfibrati dalla pandemia, dai costi della guerra in Ucraina e dall’inflazione che galoppa. Ecco perchè proprio l’Italia è pronta a dare battaglia e a bloccare una normativa. Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, ha infatti annunciato la presentazione di una risoluzione in Parlamento per chiedere al governo Meloni di scongiurare l’approvazione di quella che definisce "una patrimoniale camuffata".

CASA NON SI TOCCA – "La casa è sacra e non si tocca", ha affermato, raccogliendo anche il grido d’allarme dei proprietari. Confedilizia prefigura una tensione "senza precedenti" sul mercato delle ristrutturazioni, "una perdita di valore della stragrande maggioranza degli immobili italiani e, di conseguenza, un impoverimento generale delle nostre famiglie". Mentre la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, chiede "subito un sistema strutturato di incentivi statali mirati e stabili".

NUOVE NORME – Non sarebbero in regola con le nuove norme, secondo i dati dell’associazione dei costruttori, oltre 9 milioni di edifici su 12,2 milioni. Del resto, il 74% degli immobili, in Italia, è stato realizzato prima dell’entrata in vigore della normativa completa sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica. Del resto, gli attestati di prestazione energetica emessi nel 2020 si riferiscono nel 75,4% dei casi a immobili nelle classi più inquinanti, E, F, G. Quest’ultima, in particolare, incide per oltre un terzo (35,3%), secondo il monitoraggio Enea-CTI. La bozza della direttiva, parte del pacchetto Fit for 55, prevede che gli edifici residenziali e le unità immobiliari dovranno raggiungere entro il primo gennaio 2030 almeno la classe energetica E ed, entro il primo gennaio 2033, almeno la classe di prestazione energetica D.

IMMOBILI STORICI – Sarebbero previste delle eccezioni, a partire da quella per gli immobili riconosciuti di interesse storico. Il testo presentato dal relatore del Parlamento europeo, l’irlandese Ciaran Cuffe (Verdi europei), introduce anche maggiori tutele sociali per i proprietari, con l’utilizzo del Fondo sociale per il clima e dei finanziamenti del Recovery. L’eurodeputato vorrebbe poi inserire nella direttiva ambiziosi target per le pompe di calore e incoraggiare i Paesi Ue a promuovere "ristrutturazioni di comunità" a livello di quartiere. Il primo voto è atteso in commissione industria dell’Europarlamento il 9 febbraio, a oltre un anno da quando il testo è stato presentato dalla Commissione, a dicembre 2021.

SVEDESE – Ora però Bruxelles vuole accelerare. "La nostra priorita’ è rendere l’Europa più verde. Ci sono diversi dossier legislativi che sono ora in fase di negoziati al trilogo e il nostro obiettivo è arrivare a un accordo durante la presidenza", ha detto il premier svedese Ulf Kristersson, citando espressamente la direttiva sull’energia rinnovabile e la direttiva sull’efficientamento energetico, all’inaugurazione del semestre di presidenza svedese del Consiglio dell’Unione europea. Ma il percorso si presenta accidentato. E non è un caso che la prima votazione, originariamente prevista per il 24 gennaio, sia slittata, per consentire lo smaltimento degli oltre 1.500 emendamenti pervenuti.

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FANATISMO CIECO – Intanto l’europarlamentare di Fratelli d’Italia Nicola Procaccini, ha avvisato che il gruppo Conservatori e riformisti si opporrà alla direttiva che, a suo parere, sarebbe un esempio del "cieco fanatismo ideologico" delle politiche ambientali di Bruxelles. La capodelegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo, Tiziana Beghin, ha invocato invece "un nuovo Recovery Fund che abbia come missione principale quella di finanziare un Superbonus a livello europeo". Per i 5 Stelle, guarda caso, va sempre tutto bene, a patto che i costi (reddito di cittadinanza e, appunto, superbonus) ricadano su qualcun altro, cioè sulle tasche di tutti.

Sandro Bennucci

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