Attacco al ponte: gli Usa puntano il dito sull’SBU, gli 007 ucraini, guidati dal misterioso e micidiale Maliuk

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"Stiamo arrivando", era scritto in un video della propaganda militare ucraina in cui una telecamera, a bordo di un’imbarcazione, inquadrava da vicino il ponte di Kerch. Ed è stato proprio lì, in un territorio annesso dalla Russia già nel 2014, che i servizi segreti ucraini hanno messo a segno il micidiale colpo alla credibilità militare russa. Servizi guidati, dopo lo scoppio della guerra, dal misterioso Vasyl Maliuk, 39enne convisioni micidiali, capace di aver instaurato una rete di 007 in Russia per colpire dove e quando nessuno se lo potrebbe aspettare.

Quello al ponte, non infatti è il primo attacco clamoroso firmato dai servizi ucraini, l’Sbu: c’è la loro mano, assicurano gli 007 americani, dietro le decine di sabotaggi in territorio russo a fabbriche, impianti industriali e militari dopo l’inizio dell’offensiva di Mosca. Gli operativi ucraini – protagonisti tra l’altro dell’arresto di Viktor Medvedchuk – hanno "compiuto assassinii mirati e attacchi contro collaboratori ucraini e ufficiali russi", ha ammesso una fonte di Kiev, rivendicando anche l’avvelenamento, lo scorso agosto, del governatore pro-russo piazzato dai russi a Kherson, che venne poi ricoverato d’urgenza in Russia.

I casi più clamorosi che coinvolgono l’Sbu sono certamente l’uccisione di Daria Dugina, figlia di uno dei principali ideologi del neoimperialismo russo Alexander Dugin, e la morte di Denis Kireev, membro della delegazione ucraina ai colloqui in Bielorussia lo scorso febbraio. L’assassinio di Dugina è da "ricondurre ai servizi ucraini e pezzi del governo", ha chiarito nei giorni scorsi il New York Times citando fonti di intelligence Usa, le stesse che avrebbero "impedito" l’attentato a Dugina se fossero state informate.

Tanto che "ci sono mal di pancia" a Washington per l’ostinata segretezza dei piani segreti e militari delle forze di Kiev. L’omicidio avrebbe avuto come obiettivo primario proprio Dugin, che "si pensava fosse in auto con la figlia". Più articolata la morte di Kireev, che all’epoca fece scalpore, "ucciso durante l’arresto" lo scorso marzo da parte dell’Sbu che gli dava la caccia come spia russa, una settimana dopo i negoziati di Gomel. In realtà il banchiere sarebbe stato ucciso mentre eseguiva una "missione speciale", ma le circostanze e la dinamica restano misteriose.

D’altronde, i servizi di sicurezza ucraini sono nati nel marzo del 1992, sulla scia dell’indipendenza dall’Urss: l’intero blocco di intelligence è erede diretto del ramo ucraino del Kgb, che cambiò casacca e si votò alla democrazia. Per anni la struttura è stata afflitta dai mali endemici del Paese, corruzione in testa, bollata come inaffidabile perché fortemente infiltrata dai servizi segreti russi. Nel 2014, dopo la caduta di Viktor Yanukovych sull’onda delle proteste e le vittime di piazza Maidan, arrivò un nuovo capo, Valentyn Nalyvaichenko, che trovò gli uffici vuoti: "sono tutti fuggiti in Russia", disse sconsolato.

Le cose sono cambiate radicalmente con l’ascesa al potere di Volodymyr Zelensky: alla testa dei servizi aveva piazzato Ivan Banakov, amico d’infanzia e poi sodale nella casa di produzione tv dell’ex attore. Ma la guerra russa era decisamente troppo complicata per lui: Zelensky lo ha sostituito la scorsa estate con Vasyl Maliuk. Classe 1983, dal 2001 nell’Sbu, di lui si sa poco o nulla. Ma è normale, altrimenti che capo dei servizi segreti sarebbe.

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Ernesto Giusti

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