Festival Fabbrica Europa, XXIX edizione: il programma

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Dal 2 al 25 settembre ci sarà la XXIX edizione del Festival Fabbrica Europa; progetti, spettacoli, concerti, performance, incontri, workshop, in vari spazi all’aperto e nei teatri del territorio: Parco delle Cascine e PARC Performing Arts Research Centre, Giardino dell’Istituto Agrario, Teatro Studio di Scandicci, Teatro Cantiere Florida, La Compagnia, Teatro Puccini, Lumen, Murate Art District, Chiostro Accademia Belle Arti, Parco Villa Demidoff, Giardino delle Rose.

Apre il Festival Gone here (yet) to come di Heine Avdal & Yukiko Shinozaki del collettivo internazionale Fieldworks, un’indagine sulla matericità del buio e sul suo rapporto con lo spazio. Come si rende tangibile l’oscurità? Quali altre realtà, incontri, connessioni diventano possibili nella penombra? Lo spazio teatrale diventa una tela su cui vengono proiettate realtà diverse. Lo spettacolo  plasma e scolpisce lo spazio e l’aria che lo riempie, trasforma il tempo, mette in evidenza ciò che si trova al di fuori: i suoi margini e i suoi bordi e ciò che si riversa attraverso le crepe e i varchi nei confini che lo definiscono. Scavando sempre più in profondità, nello spazio e nel tempo del teatro, Gone here (yet) to come fa affiorare memorie perdute. Presenze – (g)hosts – si mescolano ai danzatori guidando il pubblico in un viaggio sorprendente capace di svelare altre forme e dimensioni del mondo che conosciamo. Lo spettacolo è una rivelazione di Ice Hot, la piattaforma della danza scandinava che si è svolta a Helsinki (02,03/09, Teatro Studio).

Linguaggi contemporanei e antichi si intrecciano nel lavoro di Giuseppe Muscarello che, con I PUPI – Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, affronta una delle più ricche tradizioni della sua Sicilia. Nel processo coreografico accade una trasformazione all’inverso, non il pupo che si umanizza ma l’umano che rintraccia nella postura del pupo le possibili declinazioni di movimento. Partendo da questa immagine di fondo, il danzatore entra nella forma del pupo, ne fa propria la postura, si muove in autonomia pur rimanendo mosso da altro: è dunque sia puparo che pupo di se stesso. Calata in una dimensione narrativa, la caratterizzazione del gesto si fonde con la ricerca del personaggio che segue il filo ideale di una storia, quella dell’Orlando Furioso (04/09, Cantiere Florida).

Di Giuseppe Muscarello è anche Il Furioso. Orlando s’aggira nella foresta inseguendo qualcosa che non sapeva di cercare: più scopre, più si perde. Nello smarrimento è la storia a farsi corpo, tra paesaggi che compaiono e scompaiono, tra substrati comici e drammatici che si manifestano. Al termine della performance, un incontro con l’autore percorre le tappe del processo creativo che ha portato alla costruzione del progetto Le costellazioni del pupo. Contestualmente, vengono proiettate le immagini dell’artista Chiara Colasanti create osservando il lavoro del coreografo (05/09, PARC).

Michele Di Stefano ha creato con Bayadère – Il Regno delle Ombre un balletto intriso di esotismo idealizzato, sia nella trama melodrammatica che nell’estetica dell’insieme. Pensata per i giovani talenti del Nuovo Balletto di Toscana, questa rilettura contemporanea di un’opera della tradizione classica, questo nuovo Regno delle Ombre così misteriosamente carico di suggestioni al limite tra il reale e l’aldilà, si connette ai tempi che stiamo vivendo, evocando qualcosa di perduto e di possibile allo stesso tempo, qualcosa che riguarda la presenza dei corpi e l’intreccio delle loro traiettorie in uno spazio che non è più soltanto un altrove, ma è un presente che desidera essere reinventato con delicatezza e passione (08/09, La Compagnia).

Potenza ritmica mista a una irresistibile e a tratti ironica leggerezza caratterizzano Groove, progetto della performer francese di origini malgasce Soa Ratsifandrihana, già protagonista a Fabbrica Europa 2020 di Violin Phase di Anne Teresa De Keersmaeker. Questa nuova creazione prende forma da un collage di riferimenti di danze che hanno in vario modo attraversato la sua vita, citati e poi trasformati. Una scrittura coreografica originale, capace di sviluppare un’energia che via via cresce. La pièce è un invito ad ascoltare e a sentire il piacere sottile che l’atto del danzare procura, una sensazione preziosa che si risveglia ricercando il proprio “groove” (05/09, Teatro Studio).

Camille Bertault & David Helbock sono tra gli artisti più talentuosi del panorama jazz europeo. I loro viaggi nella musica improvvisata sono sempre avventurosi, giocosi ed emozionanti. Lei è la nuova stella del jazz vocale francese, lui, di origine austriaca, è uno dei pianisti più affascinanti della scena attuale. Le due personalità potrebbero sembrare agli antipodi, ma l’umorismo feroce di Bertault e la calma sicurezza di Helbock appaiono diversi solo in superficie. Musicalmente, sono enfaticamente sullo stesso piano. Ognuno è sorprendentemente versatile, con un innato senso drammaturgico. Questo duo voce-pianoforte raggiunge livelli incredibili di inventiva nell’album Playground, pubblicato a Berlino nel dicembre 2021 (06/09, Giardino Istituto Agrario).

The Very Last Northern White Rhino si interroga, con la massima semplicità estetica, sulla possibilità stessa della felicità di fronte al caos del mondo. Un assolo, creato da Gastón Core per ilperformer ivoriano Oulouy, ispirato all’osservazione degli ultimi due esemplari femmina di rinoceronte bianco. La pièce offre, attraverso diversi stili di danza urbana, l’immagine dell’uomo che balla perché, come dice Paul Valéry, abbiamo “troppa energia per i nostri bisogni”: la danza come eccesso e celebrazione della vita. Danzare fino allo sfinimento perché forse non c’è più nulla da fare. Oulouy, al centro di una scatola nera, mostra una forma ibrida e una estetica del movimento che, spogliate di stereotipi, si rivelano espressive, suggestive, sorprendenti. Le sequenze si condensano per generare paesaggi e immagini che emergono come apparizioni in costante trasformazione. Spettacolo rivelazione di Aerowaves, piattaforma della danza europea (18/09, Teatro Studio).

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Beyond Black è il titolo dato all’incontro di due straordinari musicisti: il grande maestro di kora maliano Ballaké Sissoko e una delle personalità più interessanti della scena free jazz e black internazionale, la flautista statunitense Nicole Mitchell, si uniscono sul palco per un intreccio in cui la cultura nera mostra sfumature di altissimo livello. Il loro incontro permette la nascita di un nuovo spazio musicale ibrido che va oltre le identità (07/09, Giardino Istituto Agrario).

Lo spagnolo Igor Urzelai e il sardo Moreno Solinas, sotto la sigla Igor x Moreno, con Idiot-Syncrasy rivendicano il potere della danza come fattore di cambiamento. Un pezzo divertente ed energico pieno di variazioni inaspettate, un’asserzione politica sull’attivismo e sulla perseveranza, una tenera esplorazione dell’identità maschile e delle relazioni. Attraverso ripetizione e tenacia, i performer, sostenuti da un’ipnotica colonna sonora, invitano a riflettere su ciò che possediamo, a celebrare il legame tra le persone e l’abilità di ciascuno di noi di guardare avanti (06/09, Cantiere Florida).

Igor x Moreno e Collettivo Mine in Beat Forward, lavoro in forma di studio, si interrogano su cosa significhi far parte di una generazione cresciuta con un senso di opportunità infinite, partendo dai limiti personali e dalle aree di incompetenza come stimoli creativi e indagando la possibilità di attraversarli con gioia, spudoratezza, intraprendenza. È una celebrazione della fatica e dell’incertezza di decidere giorno per giorno chi siamo, reinventandoci ogni volta (10/09, PARC).

Lo sharing/installazione Attivare la sguardo è una tappa del progetto CRISOL – creative processes che si è sviluppata attraverso residenze e scambi tra Italia e Singapore. Un Open Studio, condotto da Daniel Kok / Dans Nucleus, unisce alcune delle pratiche che Fabio Novembrini e Roberta Racis (Italia), Albert Garcia (Macao/Filippine) e Jereh Leung (Singapore) hanno estratto dalle loro ricerche individuali e rimaneggiato in una partitura condivisa in relazione al macro tema “Activating the gaze. Male gaze and femal gaze in performing arts” (07/09, PARC).

Dalla Francia proviene la Compagnia Futur Immoral dei coreografi Paola Stella Minni e Kostantinos Rizos. Partendo dalla figura mitologica dell’indovino reso cieco dalla collera di Era ma ricompensato da Zeus con il dono della divinazione, Kill Tiresias indaga la cultura capitalista dell’immagine e mette in discussione, attraverso l’invenzione performativa, la visione e la previsione, il presente e il futuro. Vedere con gli occhi chiusi, aprirli su un altro piano di realtà: è un esercizio coreografico o un problema filosofico? È quasi un atto originale di interrogazione della presenza. Per l’interprete è un test rivelatore della sua capacità di essere presente, di scegliere, immaginare, sognare. È una riflessione sull’epifania, l’apparire di cose non manifeste (07/09, Teatro Studio).

Il compositore e polistrumentista inglese John Surman è figura chiave di una generazione di jazzisti europei che ha ampliato in modo decisivo gli orizzonti internazionali del jazz. Nella sua carriera ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra cui, recentemente, il prestigioso Ivor Novello Jazz Award per la sua maestria al sassofono baritono e per il corpus di opere originali animate dai contrasti di uno squisito lirismo, di un suono ricco di texture e di un’intensa e corposa improvvisazione. Surman è apprezzato per il suo approccio pionieristico alla composizione e alla collaborazione, che comprende lavori con ensemble di ottoni, cori, quartetti d’archi e orchestre. A Firenze porta l’essenza del suo stile minimalista e profondo, affiancato dal pianista norvegese Vigleik Storaas. In collaborazione con Empoli Jazz (08/09, Giardino Istituto Agrario).

If there is no sun nasce dalla collaborazione tra la coreografa Irene Russolillo, il video artist Luca Brinchi e la musicista e performer italo-liberiana Karima DueG insieme ai danzatori Antoine DanfaMapate Sakho (Senegal) e Ilyes Triki (Tunisia). Il lavoro si è sviluppato, dopo una serie di residenze tra Senegal e Italia, nell’ambito del progetto CRISOL-creative processesSi aprono crepe nelle lingue a parlare di Africa ed Europa, di corpi-territori e di confini che opprimono. Si prova a condividere sogni e desideri. E un senso di estraneità. Ci si vorrebbe liberare dai propri fantasmi. Sulla terra, nel mare, una nuova comunità emerge dall’invisibilità. E intraprende un viaggio che a volte è un discorso, a volte una lotta. Il dialogo tra visione, movimento e suono si adatta e riassesta a ogni passaggio, come dopo un terremoto. Il titolo vuole evocare coloro che ci hanno preceduto e che hanno acceso altri soli, immaginando nuove possibili umanità (10,11/09, Teatro Studio).

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La coreografa e performer Olimpia Fortuni e la sound artist Katatonic Silentio presentano X. Suono, movimento, architetture naturali e artificiali sono strumenti d’indagine. Un dono X (per) chi partecipa e X (per) chi ospita. La sintesi è fatta per il pubblico. X (per) è un simbolo le cui linee che si incrociano sono il ponte per entrare in comunicazione con l’altro. Suono e corpo sono il viaggio, la musicista e la danzatrice sono il tramite che accompagna gli spettatori in un luogo altro per un’esperienza sensoriale che gioca tra reale e surreale. Una performance in continua trasformazione grazie al margine di non-definizione: le due artiste si esprimono nel giusto contrappeso tra spirito e materia per manifestare un’energia che armonizza (09/09, Chiostro Accademia Belle Arti).

L’austriaco Fennesz è stato tra i massimi esponenti dell’universo glitch, prima della sua progressiva conversione a una ambient music elettroacustica dai caratteri incredibilmente personali. Utilizza la chitarra e il computer per creare un suono elettronico scintillante e vorticoso di complessa musicalità. Fennesz – definito come l’ultimo tra i romantici della sperimentazione musicale elettronica per via dei paesaggi intimi e dei sublimi mondi interiori che è in grado di descrivere – presenta a Firenze il suo album, Agora,realizzato nella camera da letto del suo appartamento, con cuffie e attrezzature a portata di mano (10/09, Giardino Istituto Agrario).

Un cuore d’Africa restituito in tutta la sua fierezza e declinato verso sviluppi contemporanei frutto di diaspore che passano per l’America Latina e l’Europa viene riattivato grazie al compositore e musicista Chassol, originario della Martinica. Nel lavoro multimediale Chou, prodotto dal Kunstenfestivaldesarts, l’artista trasporta gli spettatori tra le sfumature culturali e multietniche di una Bruxelles tutta da scoprire. Chou fonde immagini e suoni in un singolare ritratto musicale della città, dove jazz, pop, rock, hip-hop e musica classica si incontrano e dialogano al ritmo di sequenze abilmente rappresentate sul palco con umorismo e virtuosismo. Un’esperienza visual, sonora e scenica che si rivela ipnotica.  In collaborazione con Lo schermo dell’arte (11/09, Cantiere Florida).

Dal fortunato incontro avvenuto con Perpendicolare prende vita L’universo nella testa, una nuova creazione che sviluppa ulteriormente l’indagine tra linguaggi performativi avviata dal coreografo Daniele Ninarello, dalla cantautrice Cristina Donà, dal compositore Saverio Lanza. La danza fa da corpo motore, disegnando nello spazio movimenti che creano un amalgama di cellule ritmiche verso un ondeggiare perpetuo del flusso creativo. Le canzoni più affascinanti di Cristina Donà danno il sapore di una costellazione originale in un continuo rapporto tra l’infinito del cosmo e l’essere umano. Le note risplendono nella danza e si riflettono in un equilibrio vitale tra il registro intimo e l’emotività catartica del rock. L’universo nella testa, selezionato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha debuttato in primavera in Francia (15/09, Cantiere Florida).

Pensate come danze per spazi differenti, le cartografie di Echoes di Cristina Kristal Rizzo dialogano con il luogo che le ospita grazie all’abilità dei corpi di entrare in contatto con l’anatomia delle forme e la bellezza della misura. Per Fabbrica Europa, il luogo scelto è la grande sala bianca del Parc, alla mattina a luce naturale. Cinque corpi danzanti disegnano e ricompongono una partitura di movimenti in cui la singolarità fuoriesce in intensità e la pluralità di un’espressione corale si appoggia sui melanconici rallenti della star R&B Frank Ocean. Una ripresa in live streaming attivata dal vivo dai danzatori, fornisce un punto di vista interno che avvicina lo sguardo al dettaglio, rivelando la potenziale capacità del digitale di depositare particelle affettive (04/09, PARC).

Una voce che echeggia potente è quella cui si ispira Greta on the beach della coreografa Francesca Foscarini con il drammaturgo Cosimo Lopalco. Ogni tempo ha la sua voce che ne esprime urgenze, angosce, orrore, bellezza, contraddizioni. Il nostro tempo ha quella di Greta Thunberg, una voce chiara, forte, che erompe nelle nostre coscienze. È una voce che se annuncia la catastrofe, risuona tuttavia come desiderio di redenzione nel timbro incorrotto e incorruttibile, nella sensibilità che non conosce il compromesso, nel coraggio di chi ama il coraggio e i suoi orizzonti. È da questa voce che il progetto prende forma, respiro, posizione e si rivela, lentamente, come il mare che si offre calmo e seducente alla vista del bagnante, per trasformarsi con l’arrivo di un vento inatteso in onda impetuosa, tempesta, furia, tragedia, forse salvezza (17,18/09, Cantiere Florida).

Un discreto protagonista di Alessandra Paoletti e Damiano Ottavio Bigi è il racconto di un istante. L’istante che va fuori dai cardini, o, prima ancora del tempo, l’istante in cui equilibrio e simmetria si rompono per dare inizio al tempo. Nessun bang, ma una temporanea vibrazione dell’aria. La simmetria si frantuma, presenze sfocate si sovrappongono, si mescolano in una espansione costante. Resti e frammenti tentano di ricomporsi, generando relazioni sempre diverse. In scena, insieme a Damiano Bigi, il danzatore polacco Lukasz Przytarski (21/09, Teatro Studio).

Party Girl di Francesco Marilungo riflette sul processo di oggettivazione del corpo femminile e sulle dinamiche di potere spesso associate al mercato del sesso. Un viaggio nel femminile attraverso quella figura che ne incarna gli stereotipi di genere, la sexworker. A partire da posture e movimenti capaci di innescare il desiderio nell’immaginario collettivo, le tre performer costruiscono una danza minimale, un alfabeto stilizzato, rallentato, sospeso. La componente sensuale ed erotica viene annullata da un corpo che man mano perde vita, si fa oggetto, manichino (09/09, Cantiere Florida).

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Una serata imperdibile per immergersi nelle profondità solari della voce di uno dei grandi nomi della costellazione musicale del Mali, la straordinaria Oumou Sangaré. Una musica antica e attuale che porta in sé un messaggio di libertà e di speranza per i popoli e le culture della propria terra, che oggi diventano un canto per le donne, i bambini, gli uomini di qualsiasi provenienza. In aprile è uscito per World Circuit/BMG il nuovo album Timbuktu, un lavoro che crea intime connessioni sonore tra gli strumenti tradizionali dell’Africa occidentale e quelli legati alla storia del blues, in particolare il kamele n’goni e i suoi lontani eredi, il dobro e la slide guitar (Festival au Désert, 23/09, Teatro Puccini).

CLOUD extended di Giovanfrancesco Giannini è una riflessione sulla politica delle immagini e sulla rappresentazione mediatica dei corpi, organizzata attorno ai concetti di durata e ripetizione: la performance, che si svolge su un arco temporale espanso, è composta da ripetizioni di circa trenta minuti ciascuna; il pubblico può entrare e uscire tra l’una e l’altra. Il contenuto è il medesimo, ma il corpo e lo spirito del performer non saranno mai gli stessi. La relazione con le immagini acquisisce un carattere rituale e si inscrive nel contesto della fatica fisica e mentale, dell’ostinazione di una permanenza prolungata in scena, acquisendo forza e profondità differenti (13,14/09, PARC).

Where di Giulio De Leo / Menhir è un progetto di ricerca con l’obiettivo di scavare nella carne, nelle memorie, nel sapere, per lasciare emergere ciò che, al di là dei desideri, influenza il subconscio, la creatività, lo stare insieme. Raccogliere i cocci dell’umanità per rimetterli insieme, senza nascondere le suture, ma colandovi oro per evidenziarle e creare pezzi unici (20/09, Cantiere Florida).

Wanna play? è un progetto aperto alla partecipazione libera di danzatori, performer, musicisti, pronti al confronto con l’improvvisazione, in dialogo con il suono estemporaneo di Francesco Giomi. Un singolo musicista con strumenti acustici ed elettronici può coinvolgere una pluralità di partecipanti in una connessione imprevedibile, costruendo una relazione di “intimità artistica” tra performer, linguaggi e campi espressivi anche completamente differenti (24,25/09, PARC).

Suoni In Uno Spazio Abbandonato III è un lavoro creato per due danzatori, installazione pittorica e composizione elettroacustica spazializzata. I diversi elementi – il suono del compositore Timoteo Carbone, la danza di Emma Zani e Roberto Doveri, l’opera pittorica Federico Zurani – sviluppano forme e relazioni all’interno di una composizione/architettura comune, transitando uno nell’altro attraverso strutture del non-finito (14,15,16/09, PARC).

Bab L’Bluz è un gruppo franco-marocchino che si ispira alla musica tradizionale Gnawa e Hassani a cui combina rock, suoni psichedelici e blues. Il progetto nasce dall’incontro della carismatica Yousra Mansour (voce, awisha, percussioni e guembri), cresciuta sulla costa atlantica del Marocco, e il francese Brice Bottin (guembri, chitarra, percussioni e cori). Entrambi appassionati di musica Gnawa, hanno imparato insieme a suonare il guembri, uno strumento a corde pizzicate della tradizione musicale di quei popoli. Hanno voluto combinare le loro influenze con raffinata sensibilità, rispettando il mondo analogico emerso negli anni ’60 e ’70 (Festival au Désert, 22/09, Lumen).

In Panimundu di Pietro Pireddu spazialità, sensazioni, energie si modulano attraverso ripetizioni che divengono possibili con l’emergere di uno scarto rispetto all’attimo appena esauritosi. Scarto che segna una svolta nelle relazioni tra le performer e con il pubblico (20,21/09, PARC).

From interstellar to calore di Sabrina Mazzuoli attraverso parole chiave come micro, macro, meditazione, interstellare, umano, memoria, natura, geometria, esplora la dicotomia ma anche la connessione tra intimo e universale, neutrale e affettivo, in una danza che esprime come ci sia un calore che a volte pervade tutti (03/09, Parco di Villa Demidoff | 09/09, Giardino delle Rose).

JUNTARTE. La cadena creativa que hace la escena inclusiva, progetto di cooperazione internazionale tra Cuba e Italia nato dalla collaborazione tra COSPE, Asociación Hermanos Saíz (AHS), Centro Oscar A. Romero (OAR) e Fabbrica Europa con il cofinanziamento dell’Unione Europea, propone al Festival un focus sulla situazione creativa, culturale e sociale in America Latina grazie a residenze, workshop, performance. Vengono presentati alcuni artisti della scena cubana selezionati dalla coreografa Cristina Kristal Rizzo che ne ha seguito i processi creativi: The Concept, collettivo eclettico del panorama hip hop; Daniela de Jesús Cepero de Léon della compagnia di danza contemporanea OtroLado guidata da Norge Cedeño Raffo; i coreografi Sandy Benet Hernández, Carlos A. Beckford Alarcón, Yoilan Magdariaga Hechavarria per un’indagine sugli stereotipi dell’immagine maschile (10/09, La Compagnia).

► www.fabbricaeuropa.net

Biglietti: da 5 a 15 euro.

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