Inflazione: impatto anche su mutui e risparmi. Si salvano solo pensioni e tfr

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Borsa della spesa leggera e conto stratosferico per le nostre abitudini, nei negozi e nei supermercati. Ma l’onda lunga dell’aumento generalizzato dei prezzi, che fa perdere valore ai nostri generalmente bassi redditi, si scarica anche sulla finanza, sui risparmi e sui mutui. Sul fronte del salari poi rimane il nodo dei rinnovi contrattuali, mentre pensioni e Tfr registrato un adeguamento quasi automatico e completo. I mercati guardano all’inflazione e si muovono sulle aspettative, anticipando le possibili mosse future delle banche centrali, che per frenare i prezzi aumenteranno sicuramente i tassi.

MUTUI – Questo meccanismo ha già avuto conseguenze sui mutui – con rialzo dei tassi di 1,5/2,0 punti percentuali – e sui risparmi. Ma vediamo come. – I MUTUI: Ovviamente l’impatto dell’inflazione, e l’aumento dei tassi, avrà un impatto differenziato a seconda del tipo di mutuo. Ne risentiranno i mutui a tasso variabile, legati all’Euribor: ad inizio anno questo tasso di riferimento aveva un andamento negativo (-0,5 quello a dodici mesi del 3 gennaio) mentre a fine giugno si attestava a 1,04%): è aumentato di oltre un punto e mezzo. Nessun cambiamento, chiaramente, c’è per i vecchi mutui a tasso fisso. Ma attenzione, chi deve stipulare ora un nuovo mutuo non dia per scontato che quello a tasso fisso sia migliore. Per questa tipologia di mutui il tasso di riferimento si chiama Eurirs o Irs: quello sui mutui ventennali è passato dallo 0,60 di inizio anno al 2,41 del 29 giugno. Come dire, il mercato si è già ampiamente adeguato agli aumenti dei tassi che si attendono.

RISPARMI – L’inflazione non solo significa aumento dei prezzi, ma anche svalutazione del nostro potere d’acquisto. I soldi lasciati sul conto o tenuti sotto il mattone perdono valore. Ma anche quelli investiti devono produrre guadagni, mentre invece i mercati azionari sono in decisa flessione e quelli obbligazionari sono appesantiti dal fatto che l’aumento dei tassi li svaluterà. Il consiglio è avere pazienza e aspettare il recupero, che ci sarà.

TITOLI DI STATO – I titoli di Stato, in genere, sono caratterizzati dalla salvaguardia del capitale ‘alla scadenza’ e da una cedola (il rendimento solitamente semestrale). Se sono in arrivo aumenti dei tassi, la cedola non si adegua e rimane bassa rispetto al mercato: quindi il capitale investito perde valore, ma questo solo se vogliamo smobilizzare l’investimento in anticipo. Comunque l’ultimo Btp offerto dal Tesoro, il Btp Italia ha garantito una cedola minima dell’1,6% ma anche un adeguamento semestrale al tasso di inflazione italiano, oltre ad un doppio premio di fedeltà a chi mantiene il titolo fino alla scadenza del 2030.

SALARI E RINNOVI – Con l’inflazione all’8% i salari perdono valore. Il dibattito sull’adeguamento con la contrattazione dei rinnovi è caldissimo e si scalderà ancora di più in autunno. Attualmente il riferimento per l’adeguamento è l’Ipca (l’indice dei prezzi al consumo armonizzato a livello europeo), che nelle ultime rilevazioni Istat era all’8,5%, che però va calcolato al netto dei prezzi dei beni energetici importati. Chiaramente poiché gran parte dell’inflazione deriva ora proprio dal costo del gas e del petrolio importato, i sindacati non ritengono questo un parametro adeguato. Le imprese temono invece che aumenti salariali, in un momento di difficoltà produttiva, possano estendere la crisi. La soluzione proposta è la riduzione del cuneo fiscale, cioè della differenza tra il salario netto, che arriva in tasca al lavoratore, e il salario lordo che paga il datore di lavoro con tasse e contributi. Significa meno tasse e quindi servono risorse pubbliche.

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PENSIONI E TFR AL SICURO – Per le pensioni da quest’anno è stato reintrodotta l’indicizzazione. I pensionati che ricevono un assegno fino a 4 volte l’assegno sociale (quindi fino a circa 2.000 euro) avranno una rivalutazione piena, quelli tra 4 e 5 volte il 90%, oltre questa soglia il 75%. Va bene anche per la rivalutazione del Tfr accantonato che, in base alle attuali regole si rivaluta dell’1,5 annuale più il 75% dell’indice dei prezzi al consumo dell’anno precedente, un valore che quest’anno è dell’1,9% in base al dato di dicembre ma che il prossimo anno sarà decisamente più alto.

Sandro Bennucci

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