Guerra nei 5 Stelle, ultimatum a Di Maio: “Dentro o fuori”. Lui ribatte: “L’Italia deve stare con l’Onu”. E Grillo sbarca a Roma

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ROMA – Dopo la filippica di Marco Travaglio sul "Fatto", qualche giorno fa, ora sono i vice di Giuseppe Conte a sparare su Luigi Di Maio. Con toni perentori: dentro o fuori. Sembra una domanda ma suona quasi come un ultimatum, l’accusa che i vertici (‘contiani’) del Movimento 5 stelle lanciano a Di Maio a due giorni dalle critiche post elettorali dell’ex capo politico. Intanto Grillo annuncia l’arrivo a Roma. Per fare che?

"Ci rappresenta ancora nel governo" come ministro degli Esteri o "sta rappresentando solo sé stesso?". A chiederlo senza giri di parole è Michele Gubitosa, uno dei 5 vice di Giuseppe Conte. E poco dopo l’altra vicepresidente, Alessandra Todde, rincara la dose: "Parlando così, si sta ponendo fuori dal Movimento". I ‘contiani’ insomma alzano le barricate e innescano la controffensiva in un Movimento ormai vicino alla guerra civile. E allo spettro della scissione. Motivo? La prossima discussione in Parlamento sull’atteggiamento del governo rispetto alla guerra in Ucraina. Il M5S non vuole inviasre armi a Kiev, il ministro degli esteri, invece, è schierato con Draghi e il Pd. E dice che l’Italia deve stare con l’Onu, per la sua sicurezza.

Ma i suoi accusatori invocano una discussione davanti al Consiglio nazionale. Di Maio, invece preferisce non rispondere a tono: "Io sono un incassatore", confessa intervistato a Gaeta. Ma a modo suo, punge: "Io ho posto dei temi. Se uno pone un tema e una parte del Movimento, soprattutto qualche dirigente, risponde con odio e attacchi è una deriva preoccupante". E’ la risposta all”accerchiamento’ messo in atto dall’ala più oltranzista dei 5S, che non ha mandato giù le frecciate del ministro. E non si perita a dirlo: "Di Maio sembra giocare una partita tutta sua – incalza Gubitosa – e sembra quasi che ci sia la diabolica volontà di approfittare del risultato elettorale, non soddisfacente, per danneggiare il nuovo corso del Movimento, di cui evidentemente non si sente più parte". Todde allora chiama in causa il Consiglio nazionale. I panni sporchi si lavino in casa – è il ragionamento – senza rimettere tutto in discussione per le diatribe interne.

A un soffio dallo tsunami, chissà se riuscirà a evitarlo Beppe Grillo. Il garante e fondatore tornerà a Roma fra qualche giorno. E chissà se proverà a mettere pace fra i due leader o darà il placet allo ‘scisma’. Del resto le crepe tra i due fronti non mancano e si fanno più profonde. L’ultima si è aperta sul ‘no’ all’ulteriore invio di armi in Ucraina. Sarebbe uno degli impegni chiesti al governo nella bozza di risoluzione su cui alcuni senatori 5S starebbero lavorando. Sarebbe votata in Aula il 21 giugno sotto gli occhi del premier Draghi che quel giorno riferirà al Parlamento, prima dell’ennesimo Consiglio europeo sull’Ucraina. Preoccupa – e divide – pure il nodo del doppio mandato. Per anni rivendicato come limite dell’unica forza anti casta, ora il veto vacilla. E secondo le malelingue, pesa l’avvicinarsi della nuova legislatura che fra un anno vedrà un Parlamento ridotto di 2/3 per effetto del taglio dei parlamentari, voluto proprio dai 5S. Ne resterebbero fuori quasi 70 eletti e parecchi big, Di Maio compreso.

Ma su questo Grillo insiste e da la linea ricordando che il tetto ai due mandati è "sempre più opportuno". L’ex capo politico, finora possibilista sul terzo mandato, adesso sembra allinearsi al garante. "Se stiamo tornando indietro con un processo di radicalizzazione non si deve cambiare la regola, come ha detto Grillo". Ma non nasconde il fastidio per le beghe interne e ammette: "Io non posso farmi chiedere dai colleghi all’estero delle amministrative o del doppio mandato come motivo di fibrillazione per il governo".

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Glissa, in nome delle priorità, l’altro ministro 5S, titolare delle Politiche agricole: "Io ho il problema delle cavallette in Sardegna, che è un problema serio", rammenta Stefano Patuanelli. Fuori dal Movimento, lo scontro nei 5S non stupisce troppo né preoccupa. Per il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri "è un dibattito soltanto sulle poltrone. A loro non interessa nient’altro".

Sandro Bennucci

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