Mps, morte di David Rossi: condannato l’inviato de “Le Iene”. La replica: “Rifarei quel servizio”

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L’inviato de ‘Le Iene’, Antonino Monteleone, è stato condannato per diffamazione aggravata in danno dell’avvocato Michele Briamonte, in relazione all’inchiesta televisiva sulla morte di David Rossi. In un lungo post su Facebook, Monteleone si difende: sostiene che lui rifarebbe quel servizio che "non aveva alcun intento diffamatorio".

Monteleone scrive infatti che l’avvocato Michele Briamonte "non era il focus del servizio. E a fare il suo nome non fui io, ma un’altra persona. Quando il suo nome è stato pronunciato, fu coperto da un segnale acustico per impedirne l’ascolto al pubblico. Io ho riportato ciò che mi fu riferito, nel corso di un colloquio presso il suo studio legale, dall’avvocato Luca Goracci, fino al 2019 avvocato di Antonella Tognazzi, vedova di David Rossi".

Ancora Monteleone: "Non avevo alcuna intenzione di attaccare l’avvocato. Il mio unico scopo era, e rimane, quello di sollecitare l’autorità ad approfondire. Penso però che una magistratura che lascia il campo libero soltanto al giornalismo che si limita a riportare solo gli atti da essa prodotti e solo e soltanto allo scopo di consolidarne la legittimazione, non faccia il bene della democrazia. Confido nel giudizio d’Appello. E se non dovessi vedere riconosciute le mie ragioni in Appello, andremo avanti fino alla Corte di Cassazione".

"La decisione restringe il campo di azione dei giornalisti che, sul campo, vogliono provare a capire qualcosa in più. Di chi cerca in modo autonomo le fonti delle proprie notizie e non si fa dettare articoli e servizi – sostiene ancora l’inviato de Le Iene -. C’è chi dice che le condanne per diffamazione sono un fisiologico evento di chi fa il giornalista, sarà ma faccio fatica ad accettarlo. Non è la fine del mondo, tuttavia la decisione del Tribunale mi devasta. Perché quel servizio lo rifarei tale e quale altre 100 volte e se il mio modo di fare questo mestiere contrasta con la legge penale, beh devo riconsiderare tutto, ma proprio tutto! Certo, potrei anche essermi sbagliato. E significherebbe essere incappato nel primo scivolone in 17 anni di questo mestiere. Nessuno è infallibile e in Italia, a leggere le statistiche, sembrano incappare più spesso nell’errore i magistrati che i giornalisti. Lo scopriremo nei prossimi mesi".

Ernesto Giusti

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