Quota 100: concessa a oltre 300.000 lavoratori, spesa 11,6 miliardi

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Mentre infuria la discussione e la polemica sulla riforma delle pensioni, con la Cgil che critica pesantemente il governo per la previsione di quota 102/104, a suo avviso controproducente, e mentre Salvini insiste con Draghi per modificare, ma non cassare la misura da lui voluta, l’Inps pubblica i dati ufficiali che si riferiscono alle domande presentate finora, dalla sua introduzione nel 2019, per la concessione della misura. Ma anche gli industriali criticano i risultati di Quota 100 e ne chiedono l’abolizione. Il Presidente Bonomi afferma: «La nostra personale è che quota 100 non ci è mai piaciuta, perché abbiamo considerato questa manovra una manovra che non avrebbe mai raggiunto i fini che si prefiggeva. Io ricordo a tutti che ci era stato detto che per ogni persona che andava in pensione ne
sarebbero state assunte tre. I dati dell’Istat ci dicono 0,4, cioè che non c’è stato l’effetto sostitutivo. Una manovra che da qua al 2018 ci costa già 12 miliardi è una manovra quindi che costa tanto e non ha raggiunto gli obiettivi»

Al di là delle polemiche, veniamo ai dati obiettivi. Dagli archivi Inps, con numeri aggiornati al 31 agosto, risulta che quota 100′ è stato utilizzato da 314.128  lavoratori, per una spesa di 11,6 miliardi e un assegno medio di 25.663 euro.

Le richieste pervenute sono 433.202 tra cui i 35.238 in lavorazione e 56.836 respinte. I lavoratori dipendenti che hanno beneficiato della pensione quota 100 sono 273.519 pari all’87,1% del totale, di cui 166.282 del settore privato (52,9%) e 107.237 del settore pubblico (34,1%), mentre i lavoratori autonomi sono 67.609 (21,5%). Il 69,3% dei beneficiari risultano uomini, il 30,7% donne.
La retribuzione media è pari a 25.663 euro con notevoli differenze tra la categorie. Gli assegni più elevati sono quelli dei dipendenti pubblici, che percepiscono 28.064 euro, seguiti dai dipendenti privati con 27.237 euro e dagli autonomi con 17.983 euro.
Quota 100 è una prestazione economica erogata, a domanda, ai  lavoratori dipendenti e autonomi che maturano, nel periodo compreso tra il primo gennaio 2019 e il 31 dicembre 2021, i requisiti prescritti dalla legge.

La prestazione spetta ai lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria (ago), che comprende il Fondo
pensioni lavoratori dipendenti (Fpld) e le gestioni speciali per i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri) , e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, gestite dall’Inps, nonché ai lavoratori iscritti alla gestione separata.

Alla prestazione non può accedere il personale appartenente alle forze armate, il personale delle forze di polizia e
di polizia penitenziaria, il personale operativo del corpo nazionale dei vigili del fuoco e il personale della guardia di finanza.

La disciplina delle decorrenze è diversificata a seconda del datore di lavoro, pubblico o privato, e della gestione previdenziale a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico. I soggetti possono richiedere la pensione quota 100 se in possesso, nel periodo compreso tra il 2019 e il 2021, di un’età anagrafica non inferiore a 62 anni e di un’anzianità contributiva non inferiore a 38 anni.
Ai fini del perfezionamento del requisito contributivo è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione al netto dei periodi di malattia, disoccupazione e/o prestazioni equivalenti, ove richiesto dalla gestione a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico.

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Il sistema finora attuato si presenta obiettivamente con ombre e luci, e per la sua modifica o addirittura abolizione ci sarà da riflettere e da valutare i rischi di un ritorno tout court alla Legge Fornero, avversato da molte parti, ma soprattutto dalla <lega. <un’indicazione di prudente valutazione è stata rivolta da Irene Tinagli, vicesegretaria del Pd: « Quota 100 si supera con gradualità e per questo il Governo immagina di alzare le quote. Il Pd aveva suggerito di tenere presente la differenza dei lavori gravosi, un conto e’ un accademico che va in pensione a 50 anni, un conto chi
fa un lavoro usurante. Adesso si apre il dibattito sulla legge di bilancio e si chiamerà al tavolo sindacati, imprese, lavoratori e Governo».

In effetti ha ragione la Tinagli, non è possibile andare avanti per la riforma delle pensioni sulla spinta di rivendicazioni corporative o politiche, i pensionati sono stati anche troppo sacrificati e bistrattati in questi ultimi anni, sono considerati i bancomat da quasi tutti i governi e occorre riequilibrare la situazione in favore della fasce e della categorie più penalizzate. Questo il compito difficile di Draghi, che però ha già dimostrato di voler superare veti e polemiche dei vari partiti di maggioranza per salvaguardare gli interessi dei cittadini, almeno in alcuni importanti ambiti.

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