Firenze, fallimenti e frode fiscale: arrestati 24 imprenditori e 5 professionisti. Sequestrati beni per 40 milioni

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Sono 29 gli arresti eseguiti, oggi 27 luglio 2021, dalla Guardia di Finanza di persone ritenute responsabili, a vario titolo, di presunta associazione criminale per reatifallimentari e tributari. Sequestrati anche patrimoni per oltre 40 milioni di euro. Le esecuzioni sono avvenute nelle province di Firenze, Arezzo, Prato, Grosseto, Rovigo e Vibo Valentia.

I destinatari delle misure sono 24 imprenditori cinesi, finiti ai domiciliari, e 5 professionisti di uno studio associato con sede a Sesto Fiorentino, che forniva consulenze alle imprese coinvolte nell’inchiesta. I cinque professionisti sono stati raggiunti dalla misura della custodia cautelare in carcere. Un’altra persona è stato sottoposta all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Gli imprenditori arrestati sono considerati dagli investigatori i titolari di fatto di oltre 80 aziende operanti nel settore della produzioni di articoli di pelletteria che, attraverso il cosiddetto meccanismo apri e chiudi, si sottraevano sistematicamente al pagamento delle imposte.

Indagati anche numerosi cittadini cinesi, che avrebbero svolto il ruolo di prestanome in qualità di legali rappresentanti della aziende. Da questa mattina inoltre perquisizioni delle fiamme gialle sono in corso in una sessantina di siti produttivi cinesi del distretto economico fiorentino e pratese, con l’ausilio di ispettori dell’Inps, della Asl e dei finanzieri del reparto operativo aeronavale della Gdf di Livorno.

Sempre nell’ambito delle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Luca Tescaroli e dal pm Fabio Di Vizio, la procura di ha proposto istanza di fallimento per 19 imprese, di cui 16 sono già state dichiarate fallite per i rilevanti debiti erariali accumulati negli anni, quantificati in oltre dieci milioni di euro. Secondo quanto spiegato dalla guardia di finanza, le ditte individuali finite al centro dell’inchiesta, gestite di fatto dagli imprenditori finiti ai domiciliari, adempivano formalmente agli obblighi dichiarativi sia fiscali che contributivi, ma maturavano consistenti debiti verso l’Erario che poi non saldavano, e avevano un ciclo di vita molto breve, in media tre anni, in modo da eludere il sistema dei controlli.

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