La digitalizzazione delle imprese, componente strategica per crescita e competitività

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(AGIPRESS) – Le tecnologie digitali rappresentano una componente strategica per la competitività dei paesi e per
l’evoluzione dei sistemi produttivi verso una maggiore sostenibilità. L’Italia ha destinato a progetti di digitalizzazione circa il 27% dei 235 miliardi di risorse comprese nel proprio Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza (222 miliardi) e nei fondi React-Eu (13 miliardi). Sono alcuni degli aspetti relativi al focis digitalizzazione delle imprese presente nel Rapporto Annuale Istat 2021 che scatta una fotografia del Paese. Nel 2020 le professioni ICT incidono per il 4,3% sull’occupazione totale nell’Ue27 e solo per il 3,6% in Italia. Nelle imprese – continua il Rapporto – con più di 10 addetti più della metà del personale ormai usa quotidianamente computer connessi a Internet (il 56% nell’Ue27 e il 53% in Italia). L’incidenza relativamente modesta degli occupati in professioni ICT segnala una carenza sistemica che riguarda la domanda di servizi specialistici amplificata dalla scarsità di risorse umane qualificate dal lato dell’offerta: nel 2020 meno del 40% degli occupati in professioni ICT in Italia dispone di una formazione universitaria contro il 66% per l’insieme dell’Ue27. In termini di addetti, il divario tra il nostro Paese e le altre principali economie europee appare ancora maggiore: nel 2020 il numero di specialisti è aumentato, a confronto col 2012, di circa il 77% in Francia, del 50% in Germania, del 35% in Spagna e solo del 18% in Italia. Tra il 2018 e il 2020 la quota di imprese che utilizzano servizi cloud è passata dal 23 al 59% e dall’11 al 32% per quanto riguarda i servizi evoluti, grazie anche agli incentivi fiscali contenuti nel piano Industria 4.0. Le politiche hanno favorito l’uso delle tecnologie digitali anche nell’automazione degli scambi di documenti attraverso l’emissione di fatture elettroniche: per questo aspetto, nel 2019 le imprese italiane risultano in vetta alla graduatoria europea (95%). Le imprese italiane sono in posizione avanzata anche nell’uso di sistemi e dispositivi interconnessi a controllo remoto (Internet delle cose) e in linea con la media europea nel ricorso a strumenti di intelligenza artificiale e nella robotica. Il sistema produttivo italiano è invece in ritardo nella diffusione del commercio elettronico e nell’uso di tecniche di analisi di Big data; queste ultime nel 2019 sono state utilizzate dal 9% delle imprese italiane e spagnole con almeno 10 addetti, contro il 18% di quelle tedesche e il 22% di quelle francesi. Nel periodo pre-crisi è possibile individuare cinque profili di imprese con almeno 10 addetti: non digitalizzate (22,5%); asistematiche (22,2%: dotate di una infrastruttura di base e di almeno un software gestionale); costruttive (35,2%: utilizzavano applicazioni avanzate e avevano previsto investimenti in sicurezza informatica); sperimentatrici (17,1%: applicazioni avanzate del digitale in alcuni processi aziendali e uso dei big data); digitalmente mature (3,0%: applicazioni digitali estese a tutti i processi aziendali). La digitalizzazione avanzata ha permesso una maggiore reattività alla crisi: solo il 4,1% delle imprese digitalmente mature ha ridimensionato le attività, contro quote più che doppie di imprese nelle altre categorie. Nell’immediato futuro emergono due strategie rilevanti: la riorganizzazione dei processi e degli spazi di lavoro e un ulteriore sforzo di innovazione, indirizzato alla produzione di nuovi beni, all’offerta di servizi innovativi o all’adozione di nuovi processi produttivi. AGIPRESS

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