Le aziende riprendono ad assumere ma fanno fatica a trovare personale qualificato

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(AGIPRESS) – Nei primi sei mesi del 2021 le aziende hanno ripreso ad assumere, con circa 560.0000 offerte ma in quasi un terzo delle ricerche faticano o non riescono a trovare personale qualificato. E per 84.000 figure ad alta specializzazione, 1 caso su 6, non si presentano candidati. È quanto emerge dal Rapporto 2021 della Fondazione per la Sussidiarietà, in collaborazione con CRISP – Centro di Ricerca – Università di Milano Bicocca, sul lavoro sostenibile, presentato a Roma al Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Le offerte di lavoro sono concentrate sul web. Dal 2015 al marzo 2021 sono stati circa 2 milioni 650.000 le ricerche online su oltre una ventina di portali che aggregano annunci di lavoro in modo continuativo (fonte: Wollybi – Burning Glass Europe, elaborazione Crisp). L’analisi della Fondazione per la Sussidiarietà e del Crisp conferma il divario geografico nella Penisola. Nel 2020 quasi tre quarti delle posizioni ricercate su Internet riguardavano posti al nord (74%), il 15% nel centro e solo l’11% nel sud e isole. In base all’esame delle aree su cui si focalizzeranno i maggiori investimenti pubblici, anche attraverso i fondi europei, il Rapporto individua 8 settori che dovrebbero creare nuovi posti di lavoro nei prossimi anni: energia; infrastrutture di trasporto e soluzioni di mobilità sostenibile; ambiente; bioeconomia (agricoltura e pesca sostenibile); telecomunicazioni, tecnologie e servizi digitali; ricerca, sviluppo e innovazione; turismo; economia sociale (formazione, assistenza, cultura, sanità). Il Rapporto fotografa poi alcuni limiti storici del mercato del lavoro italiano, con la difficoltà nel creare nuova occupazione e la rigidità del sistema. In dieci anni, dal 2011 al 2020, in Italia il tasso di occupazione delle persone da 15 a 64 anni è salito di poco, passando dal 56,8% al 58,1% (fonte Eurostat). Nell’Unione Europea è invece cresciuto dal 63,4% al 67,6%. In Germania l’indice è balzato dal 72,7% al record del 76,2% a fine 2020. La Spagna è passata dal 58,0% al 60,9% e la Francia dal 63,9 al 65,3%. Nella Penisola nel 2020 solo 2 lavoratori su 100 hanno cambiato impiego, contro i 3 di Francia e Spagna e i 5 della Danimarca (fonte Eurostat). Fra le maggiori economie europee, a fine 2020 l’Italia conservava il record di Neet, giovani che non studiano e non lavorano: circa il 23,3% (Eurostat). Quasi il doppio rispetto alla media europea (13,7%) e molto superiore a Germania (8,6%), Francia (14,0%) e Spagna (17,3%).

 

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