La guerra a Gaza non si ferma. Israele: «Nessuna tregua»

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Israele non si ferma. E fa sapere che continuerà la guerra con Hamas fino a quando la riterrà necessaria. Le speranze di una tregua sono esili, anche se gli Stati Uniti di Joe Biden hanno spedito nella regione l’inviato per il conflitto israelo-palestinese, Hady Amr, per incontrare le parti e cercare una de-escalation. Ma sul terreno la situazione continua a peggiorare. A fronte di oltre 1.200 razzi arrivati da Gaza (che hanno provocato sette vittime, compreso un bambino) il ministro della Difesa Benny Gantz ha detto che Israele non è pronto per un cessate il fuoco.

Dalla Striscia di Gaza – dove le vittime sono almeno 53, compresi 14 bambini e minori, e tre donne, secondo i dati del ministero della Sanità locale – Hamas e la Jihad islamica hanno alzato il tiro lanciando 15 razzi in direzione di Dimona, dove c’è un sito nucleare israeliano. Ma anche verso Beer Sheva nel Negev e in serata attorno a Tel Aviv. Israele ha risposto eliminando importati dirigenti militari di Hamas in un’operazione congiunta tra esercito e Shin Bet. Un colpo che ha centrato uomini vicinissimi al capo dell’ala militare di Hamas – le Brigate Al Qassam – Mohammed Deif. Tra questi Bassem Issa, capo delle Brigate a Gaza City, e il responsabile della produzione degli armamenti Jamal Zabadeh.

«Non è che l’inizio», ha minacciato il premier Benyamin Netanyahu, aggiungendo che Israele infliggerà all’organizzazione terrorista colpi che non può neanche immaginare. In precedenza un razzo anticarro di Hamas aveva centrato una jeep militare poco al di là della frontiera facendo tre feriti gravi: uno dei tre, il soldato Omer Tabib, 21 anni, è poi morto in ospedale per le ferite riportate.

Le altre vittime in Israele comprendono anche padre e figlia arabi, colpiti mentre erano in auto, e una badante straniera. Per tutto il giorno è stato un costante tiro di razzi da Gaza, specie contro le comunità israeliane a ridosso della Striscia, incluse le cittadine di Ashkelon e di Ashdod. Il sistema Iron Dome – secondo i dati dell’esercito – ne ha intercettati circa l’85% mentre 200 sono esplosi all’interno della Striscia. Israele ha replicato con attacchi massicci che hanno colpito circa 500 obiettivi militari (compreso un palazzo di 10 piani, indicato come la sede dell’intelligence di Hamas) ed ha accusato le fazioni palestinesi di aver messo i propri siti di produzione di armi nel cuore di aree civili. «Le organizzazioni terroristiche – ha accusato l’esercito – collocano deliberatamente obiettivi militari nel centro di aree densamente popolate della Striscia».

L’aria che si respira in Israele è quella di un conflitto destinato a prolungarsi. Lo dimostra, tra l’altro, la decisione del Comando del Fronte Interno di chiudere per l’intera settimana le scuole del centro e del sud di Israele. Così come sono state limitate le aperture dei negozi che non hanno accesso diretto ai rifugi e gli assembramenti di persone: non più di 10 all’aperto e non più di 100 al chiuso. E stavolta non per il Covid. La comunità internazionale è in pressing per ottenere un rapido ritorno alla calma, ma le posizioni non appaiono convergenti. Unica per ora a schierarsi decisamente con Israele è stata la Germania, che ha condannato gli attacchi con i razzi contro le città israeliane e sostenuto con forza che Israele ha il diritto di difendersi.

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«La grave escalation in Israele e nei Territori palestinesi occupati, compreso il forte aumento della violenza dentro e intorno a Gaza – ha detto il capo della diplomazia Ue Josep Borrell – deve cessare. L’Europa – ha proseguito – è sgomenta per il gran numero di morti e feriti civili, compresi i bambini. La priorità deve essere proteggere i civili».

Ernesto Giusti

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