Governo: Salvini e Zingaretti, vertice alla Camera per aiutare Draghi. Sottosegretari: ecco i primi nomi

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Nicola Zingaretti aveva detto: mai al governo con la Lega. E Matteo Salvini si era manifestato più propenso a prendere l’orticaria che a sedersi insieme ai Dem. E invece, mentre Mario Draghi stava preparando il discorso alle Camere, e nel governo c’era gfià bufera per il no alla riapertura degli impianti di risalita nelle stazioni di sport invernali, Nicola Zingaretti e Matteo Salvini si sono incontrati per sminare la strada al presidente del consiglio. Si prova infatti a comporre il rebus dei sottosegretari – c’è l’ipotesi di farli giurare venerdì – trovando una soluzione che riduca tensioni e malcontenti, riequilibrando le deleghe tra partiti. Che invocano un metodo di coordinamento tra i ministri e con le segreterie e i gruppi: sembra destinata ad essere archiviata la stagione dei capi delegazione, si attende capire dal premier come intenda procedere.

EX NEMICI – Ma i segretari, si è detto, si muovono. Salvini e Zingaretti, già avversari giurati, si sono incontrati alla Camera, per circa mezz’ora, alla fine di una giornata molto tesa. Il vertice doveva restare segreto ma ilfattoquotidiano.it ha immortalato entrambi i leader all’uscita e Salvini non ha negato: «Abbiamo parlato di lavoro, del prossimo blocco dei licenziamenti, bisognerà parlare con le parti sociali». Il Nazareno è rimasto abbottonato, ma il leghista ha detto di più: ossia che vedrà anche i segretari di M5s, Fi, Iv. I vertici tra leader potrebbero diventare la camera di compensazione della larghissima maggioranza, spiegano più fonti. L’incontro tra Pd e Lega sembra essere un primo tentativo: è andato bene e testimonia, dicono i leghisti, la volontà di stare in maggioranza con spirito collaborativo. Draghi ha lavorato per tutto il giorno a Palazzo Chigi, dove sono stati visti entrare il ministro per l’innovazione tecnologica, Vittorio Colao, oltre al capo della Polizia, Franco Gabrielli.

ARCURI – Nel governo e nella maggioranza si infiamma il dibattito sulle misure anti Covid, nonostante da Palazzo Chigi trapeli che la decisione di chiusura con gli impianti è stata concordata dal premier con il ministro della Salute Roberto Speranza. Ci sono i nodi del ruolo di Domenico Arcuri e della composizione del Cts, fatti bersaglio da Fi e Lega. Ma nulla è trapelato da Palazzo Chigi, anche se nel merito delle scelte in ambienti di governo si fa notare che alla base di decisioni assai delicate, come quella di un eventuale lockdown, non potrà non esserci innanzitutto una valutazione tecnica, dettata dagli esperti, più che politica. Coesione, è la parola che Draghi ha usato nelle consultazioni con i partiti. Collaborazione, è la richiesta rivolta ai suoi ministri. Sul come raggiungere gli obiettivi, le divergenze sono evidenti. Le spine sono dietro l’angolo: mercoledì in commissione alla Camera dovrebbero votarsi gli emendamenti di Azione, Iv e Lega per il blocco della riforma Bonafede sulla prescrizione, difesa a spada tratta dal M5s, ma ci si aspetta che il governo, con la neo ministra Marta Cartabia, proponga una soluzione. Di fronte a tanti e tali nodi, l’intenzione di un dialogo costante con le Camere, che Draghi potrebbe ribadire nel discorso sulla fiducia, rischia di non bastare. Di qui la necessità di coordinarsi. Con attenzione agli equilibri interni alle forze politiche si svolgerà intanto la prossima partita dei sottosegretari.

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SOTTOSEGRETARI – Ci sono 40 deleghe da assegnare, incluse quelle pesanti ai Servizi segreti, che Draghi potrebbe tenere per sé, e agli Affari europei. Ad alcune figure tecniche potrebbero andare incarichi come quello dell’editoria, dove si fa anche il nome di Mauro Masi, o della riforma del fisco (si parla di Ernesto Ruffini viceministro all’Economia). A seconda di quante caselle il premier terrà per i tecnici, dovrebbe essere calcolato il ‘cencelli’ dei partiti, che dovrebbero indicare al premier i loro potenziali nomi. L’ipotesi è che circa 12 sottosegretari vadano al M5s, 8 alla Lega, 6 o 7 a Pd e Fi, 1 o 2 a Iv o Leu. Tra i Dem c’è il pressing per una presenza numerosa di donne, con l’impegno di Zingaretti a mantenerlo e la difficoltà a conciliarlo con la possibile conferma di figure come i viceministri Antonio Misiani e Matteo Mauri all’Interno. Nel M5s si spinge per deleghe in ministeri che si occupano del Recovery e si parla dell’ipotesi che Vito Crimi vada alla Giustizia (e non all’Editoria, dove si sarebbero alzate barricate), si sussurra che Carlo Sibilia venga confermato all’Interno, quindi Laura Castelli all’Economia. Si citano poi il siciliano Giancarlo Cancelleri e il giovane Luca Carabetta. Nella Lega tornano nomi come Nicola Molteni, Stefano Candiani, Claudio Durigon, Barbara Saltamartini. In Fi, dove si registrano ancora tensioni, si fanno nomi di senatori come Pichetto Fratin, Caliendo, Malan, per riequilibrare i ministri-deputati. A Palazzo Chigi, nel frattempo, s’insedia la squadra di Draghi. Capo di Gabinetto è Antonio Funiciello e viene confermato Roberto Chieppa come segretario generale. Non c’è ancora ufficialmente un portavoce, ma nello staff dovrebbe comparire la capo della comunicazione di Bankitalia, Paola Ansuini. E sarebbe stato contattato – si racconta – anche Ferruccio De Bortoli. E’ vero? Draghi lascia dire. E si concentra sul discorso che dovrà ricevere il voto di fiducia delle Camere. Il suo segreto? Parlare solo nelle occasioni ufficiali. Come aveva raccomandato ai suoi ministri, ma senza ottenere grande ascolto.

Sandro Bennucci

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