Governo: crisi al buio. Conte accetta le dimissioni delle ministre Iv. Ma oggi potrebbe salire al Colle

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Il governo è in crisi. Una crisi al buio, senza possibili sbocchi immediati. Le dimissioni delle ministre Iv, Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, a sera sono formalizzate. Il premier può assumere l’interim o andare al Quirinale ad aprire la crisi, oggi 14 gennaio. Il centrodestra unito chiede il voto e si dice indisponibile a sostenere governi di sinistra. Finisce il governo Conte bis. Non basta l’apertura di Giuseppe Conte a un patto di legislatura: Matteo Renzi annuncia le dimissioni delle ministre di Italia viva dal governo. Si apre una crisi di governo, che deve essere ancora ufficialmente formalizzata, dagli sbocchi ignoti. E si apre in modo inatteso, quando sembravano esserci tutte le condizioni per siglare la pace. A sera, aprendo il Consiglio dei ministri, il premier annuncia di aver informato il Quirinale e accettato il passo indietro di Bellanova e Bonetti.

Le parole di Conte sono come pietre. «Mi sono state comunicate attraverso una comunicazione via mail – ha detto in apertura del Cdm – e le accetto. Naturalmente questa sera ho informato della situazione il Presidente Mattarella. Purtroppo – ha proseguito – IV si è assunta la grave responsabilità di aprire una crisi di governo. Sono sinceramente rammaricato, e credo di potere interpretare anche i vostri pensieri, per il notevole danno che si sta producendo per il nostro Paese per una crisi di governo nel pieno di una pandemia e di una prova durissima che il Paese sta attraversando. Ho provato fino all’ultimo minuto utile a evitare questo scenario, e voi siete testimoni degli sforzi fatti in ogni sede, ad ogni livello di confronto. Ancora due giorni fa e oggi ho ribadito che avevo preparato un lista di priorità per un confronto da fare non appena approvato il Recovery, stasera le misure anticovid, la proroga dello stato di emergenza, domani lo scostamento di bilancio. Non ci siamo mai sottratti – ha proseguito Conte – a un tavolo di confronto anche se oggettivamente diventa complicato un confronto quando il terreno è disseminato continuamente di mine difficilmente superabili».

A sera, l’emergenza è anche politica. Ora, dice dal Pd Andrea Orlando, è giusto che, come chiede l’opposizione, Conte riferisca in Parlamento ma aggiunge che l’esecutivo non può essere sostenuto da una nuova maggioranza raccogliticcia. E il vicesegretario Dem non esclude a priori il ritorno alle urne, ma non in tempi brevi. Il premier si prende ancora qualche ora di riflessione prima di salire al Colle per comunicare al capo dello Stato le sue determinazioni. Ma a sera, l’ipotesi che accetti l’offerta di Renzi – reiterata dopo le dimissioni delle ministre – di aprire un tavolo per un governo Conte ter, sembra remota. Anche perché gli alleati sono furiosi con l’ex premier. Luigi Di Maio, Nicola Zingaretti e l’intero Pd, si spendono per l’ultima mediazione. I contatti telefonici per tutto il giorno sono frenetici. Renzi e Conte non si sentono, ma i pontieri tessono la tela. Invano. La preoccupazione di Conte è forte: non può andare avanti con una maggioranza raccogliticcia, come suggeriscono i più ottimisti dei %Stelole, raccogliendo un voto qua e uno là. L’ipotesi delle larghe intese buttata là da Grillo viene scansata con sdegno dal Centrodestra. Alcuni ministri twittano di voler andare avanti con Conte premier, a tutti i costi. Ma i numeri sono numeri. E se non ci sono più non c’è che da prenderne atto.

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Sandro Bennucci

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