Covid e Rsa: «Il virus non si combatte con reclusione degli anziani e lockdown». Lettera aperta di un medico a Firenze Post

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Il dramma degli anziani, colpiti da Covid, e chiusi nelle Rsa: senza poter vedere nessun familiare. Destinati a chiudere l’esistenza senza un sorriso, senza una frase, senza una carezza. Ma anche la potenza del virus, che ha fatto gli stessi danni sia in Svezia, dove si è fatto poco per combatterlo, sia in Italia e in altri Paesi europei dove si è fatto lockdown e si è ucciso l’economia e fatto soffrire le persone. Sono questi i contenuti dell’accorata lettera che il dottor Alberto Pupi, medico in pensione, ha inviato a Firenze Post per richiamare l’attenzione, appunto, sul dramma. Il covid, come gli altri virus corona, ha miliardi di anni alle spalle, ha sviluppato la sua capacità di diffusione ed è praticamente impossibile arginarlo. E’ meno dirompente, salvo eccezioni, con le persone giovani, mentre risulta micidiale per gli anziani, soprattutto quelli colpiti da altre patologie. Anziani che, molto spesso, se ne vanno senza il conforto di rivedere un volto caro. Pubblico volentieri questa lettera, specchio di una realtà che fa male, anche perchè sia di insegnamento ai nostri governanti e ai nostri amministratori, tutti presi a far giochi di potere, con restrizioni e divieti talvolta ridicoli, ma soprattutto inutili, come sostiene il dottor Pupi, a combattere il virus. Governanti e amministratori che dovrebbero invece comprendere quali sono le vere priorità. Grazie per la lettera dottor Pupi, con l’augurio, da parte di tutta la redazione di Firenze Post, che possa rivedere presto sua sorella e prenderle la mano: per farle sapere che, nonostante tutto, non è sola.

Sandro Bennucci

Lettera aperta a Firenze Post

Gentile dottor Bennucci, sono un medico, mi chiamo Alberto Pupi. Ho 73 anni e sono in pensione. Ho una sorella di 77 anni gravemente invalida, che è in una RSA. Leggo il suo articolo sulle Rsa diventate focolai del virus e vorrei porre alla sua attenzione un’altra realtà: può essere che nelle RSA si muoia (12% dei decessi in Italia, fonte Ministero su un campione), non per colpe organizzative ma perché è lì che alberga la maggior parte della popolazione che questa malattia, che ha aspetti «opportunistici» uccidendo i deboli come lo sono gli anziani fragili, colpisce in maniera mortale. Infatti, è ben noto che se un paziente anche molto anziano ma in buone condizioni fisiche, viene colpito dalla malattia, se la cava con qualche giorno di febbre, come da una comunissima influenza. Che la malattia abbia aspetti «opportunistici» lo dimostra l’età media della popolazione deceduta (oltre 80 anni) e la presenza nel 95% dei deceduti di copatologie (fonte Ministero Salute). Lo dice anche un esperto come la dottoressa Gismondo del Sacco di Milano in un suo video. Aggiungo che la famiglia dei coronavirus che affligge dal 2000 il mondo (SARS, MERS) ha caratteristiche di larga diffusibilità.

I virus si diffondono con estrema facilità, hanno alle spalle miliardi di anni di differenziazione per sviluppare le loro capacità di diffusione ed è quasi impossibile, e quindi inutile, cercare di arginarli. In effetti in Svezia, dove come sappiamo le misure di arginamento sono state quasi nulle, la mortalità è stata molto simile a quella dell’Italia e di altri Paesi, che invece hanno fatto lockdown. Nella RSA, dove risiede mia sorella, hanno fatto di tutto per arginare il virus, limitazioni alle visite parentali, mascherine, disinfezione delle suole dei visitatori… niente da fare, ci sono numerosi tamponi positivi, alcuni malati, alcuni decessi (ultra 90enni…). D’altra parte anche la OMS ha ammesso che il virus si diffonde nell’aria e non solo nelle goccioline (droplets) che noi emettiamo nel parlare e nel respirare.

Collateralmente, gli Ospiti delle RSA ed i loro congiunti sono stati sottoposti in questi mesi a sofferenze gravi per la mancanza delle visite. Sono stato mesi senza vedere mia sorella, che ha solo me come parente vivente. Lei trova in me (spero di essermelo meritato negli anni) la sicurezza, il coraggio e la forza per vivere. Ed anche qualche piccolo piacere come una sigaretta ed un caffè portato dal bar. Penso a tutti i suoi bisogni, di vestiario e di altro genere… pensate che disagio per lei, prima di tutto, e per me non potersi più vedere.

Le sue condizioni rendono poco efficaci videochiamate o telefonate… A questa privazione affettiva, da quando ci sono i tamponi positivi, si è aggiunta la limitazione del movimento all’interno della RSA. Mia sorella, che ha il tampone positivo da alcune settimane ma sta benissimo e non ha avuto febbre, è reclusa in camera, dove consuma anche i pasti e quindi alla fine allettata. Vista l’immobilità e l’allettamento è sottoposta ad una terapia anticoagulante… La vorrei riportare a casa, ma ormai non sarebbe possibile offrirle in una casa l’assistenza che invece le viene offerta nella RSA dove è attualmente e della quale non posso altro che dirmi soddisfatto. E quindi viviamo, lei ed io, in questo limbo di separazione e di sofferenza. Penso che questo sia il sentire di molti ospiti delle RSA e dei loro parenti. E, concludendo, tutto questo probabilmente non serve a niente, perché la diffusione del virus è molto difficilmente arrestabile con le misure preventive in generale, ed in particolare con quelle molto grossolane che sono le uniche possibili su larga scala nella nostra società, tipo una mascherina, lavarsi le mani, aereare gli ambienti… Insomma, scusi il giudizio, misure di stampo medioevale. E nel frattempo gli Ospiti, privati della loro vita, allettati ed alienati perdono le loro capacità relazionali e cognitive. Sono molto preoccupato e temo, veramente temo, che mia sorella dopo questa lunga e forse inutile separazione, se mai ci rivedremo, sarà ancora in grado di riconoscermi ed accogliermi con il sorriso di soddisfazione che mi regalava nei nostri incontri.

Alberto Pupi

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