Zeno Colò: nasceva cent’anni fa, il 30 giugno 1920. Vincitore di mondiale e Olimpiade. Squalificato per invidia

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Cent’anni fa oggi, il 20 giugno del 1920, nasceva a Cutigliano uno dei più grandi sciatori di tutti i tempi: Zeno Colò. Primatista mondiale del chilometro lanciato e campione mondiale e olimpico nel 1950 ad Aspen, in Colorado (Usa) e nel 1952 ad Oslo, in Norvegia. Era un grande sportico e un uomo semplice: usava le coppe come portafrutta nella sua modesta casa dell’Abetone. La sua carriera fu condizionata dalla seconda guerra mondiale che lo frenò nel momento del miglior vigore agonistico. Ma negli anni Cinquanta, dopo aver superato i trent’anni, dopo aver vinto il campionato del mondo e l’Olimpiade, suscitò invidie. Lo attaccarono, fino a una misteriosa squalifica che pare non fosse mai tata notificata, per aver legato il suo nome a un paio di scarponi. In quel periodo era vietato fare pubblicità. Lo bollarono come professionista, dicendo che doveva essere escluso dalle gare. In realtà sapevano che era il più forte in assoluto e non volevano che oscurasse gli austriaci, gli svizzeri, i tedeschi, i francesi, i nordici.

Oggi una storia del genere fa sorridere, visti gli sponsor che coprono di denaro campioni e mezze figure, ma allora la polemica rovinò la vita a Zeno che era uomo tutto d’un pezzo, generoso e sensibile. Non volevano che partecipasse ai mondiali del 1954 e alle Olimpiadi del 1956 a Cortina. Dove fu solo apripista, fuori gara, e fece registrare comunque il secondo miglior tempo. Continuò a gareggiare in Italia. E a vincere. Ma avevano ottenuto il risultato di tarpare le ali a uno dei più grandi campioni in assoluto.

Ho conosciuto e frequentato Zeno, all’Abetone, da quando partecipai alla sua festa, nel 1980, per i 30 anni dal mondiale di Aspen. Non amava parlare della polemica che lo aveva travolto e nemmeno dei suoi detrattori. Era solo impegnato a lavorare per la sua Abetone, come impareggiabile maestro di sci, ma soprattutto come trascinatore e promotore di mille iniziative. Mai si tirava indietro se c’era da far parlare dell’Abetone: fu uno degli ideatori della grande manifestazione per lanciare i giovani talenti: il Pinocchio sugli sci, insieme a Marcello Fontana, Ugo Poli, Giancarlo Giannini e, modestamente, il sottoscritto che cominciò a scriverne, da subito, su La Nazione. Erano i primi anni Ottanta. Zeno continuò il suo impegno per l’Abetone fino al 12 maggio del 1993, ossia una iovosa giornata di una primavera che, quell’anno, tardava a venire. Si spense nell’ospedale di San Marcello Pistoiese. Al suo funerale tanti campioni dei suoi tempi. Ma la bara volle portarla a spalla un altro campione che, come lui, era cresciuto sull’Appennino: Alberto Tomba. Lui, sempre dissacrante e distaccato, nemico dei fotografi e degli intervistatori, cercò di coprirsi il viso quando mi avvicinai. Aveva le lacrime agli occhi. Mi sussurrò che aveva amato Zeno fin da bambino. Volendo vincere alla grande come sapeva fare lui.

Sandro Bennucci

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