L’accusa di Giorgio Gori, sindacoi di Bergamo, è forte. Dice: «Serve un cambio di marcia deciso, con un Pd non più accondiscendente verso gli alleati 5 Stelle e ministri Dem in ruoli chiave nell’esecutivo». In
in un’intervista su Repubblica, Gori torna a chiedere un congresso nel Pd per cambiare il leader Nicola Zingaretti. Una assise da fare presto, perchè -ragiona- in autunno potrebbe essere troppo tardi per salvare
il Paese. «In questa fase così difficile – sottolinea – serve un Pd molto più determinato e incisivo. Il punto è quello posto dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco: quest’ anno avremo un crollo del Pil, tra il 9 e il 13 per cento, e rischiamo di perdere tra 1,2 e 2 milioni di posti di lavoro. È arrivato il momento di accelerare le riforme di cui il Paese ha bisogno. I sussidi servono per tamponare l’emorragia, ma non bastano. Dobbiamo tornare a far crescere l’Italia, di almeno l’1,5 per cento all’anno, o saremo travolti. E il Pd, come forza di sinistra e di governo, ha il dovere di fare, non solo di enunciare, le cose che servono per ottenere quel risultato. Dovremmo essere – incalza Gori – il partito del lavoro, il punto di riferimento dei lavoratori, degli operai e degli imprenditori, dei precari e delle partite Iva, delle donne e dei giovani, e non lo
siamo. L’accordo con i 5 Stelle ha spostato il nostro baricentro sulla protezione sociale, come se potesse esistere senza creazione di ricchezza e crescita. Vedo ritornare vecchi pregiudizi anti-impresa e l’idea dello Stato imprenditore, tendenza Mazzuccato. Non possiamo interpretare questo rapporto come un’alleanza strutturale in cui pur di andare d’accordo si sacrificano tratti fondamentali della nostra identità».
Ernesto Giusti