Berlusconi si avvicina al Governo, sale nei sondaggi e risulterebbe decisivo in caso di elezioni politiche

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Se a sinistra si sprecano le divisioni e le tattiche in vista della formazione di nuovi gruppi, salvo ritrovare l’unità per salvare le poltrone, a destra gli alleati non danno certo prova di unità, anche se sono convinti di una vittoria certa, se Mattarella alla fine vorrà permettere agli italiani di scegliersi il governo che preferiscono. Ma intanto alle porte ci sono le elezioni regionali e il referendum per la riduzione dei parlamentari, probabilmente a settembre.

Nel quadro politico nazionale si assiste alle grandi manovre di avvicinamento al Governo da parte di Berlusconi, con il probabile obiettivo di salvare gli interessi nazionali e internazionali delle sue aziende. Salvini parte all’attacco proprio del Cavaliere e, parlando ieri dalla Campania all’inizio del suo tour elettorale al Sud (si voterà tra l’altro nella stessa Campania e in Puglia), afferma: «Le sue parole ogni tanto non le capisco. Sul Mes usa la stessa lingua di Renzi e Prodi, il che, da parte di un moderato e liberale, mi lascia dei dubbi. Ho letto oggi una disponibilità ad altri governi. Prima va a casa questo governo, meglio è per gli italiani. Spero che non ci sia nessuno nel centrodestra disponibile a sostenere robe strane». Ma subito Mara Carfagna gli rende pan per focaccia: «Non capisce Berlusconi? Neanche noi capiamo lui a volte, spesso parla come i 5 stelle».

Il prossimo scoglio nel centrodestra sarà la composizione delle liste per le Regionali. Salvini vuole azzerare le trattative pre-coronavirus. Nell’ultimo Consiglio federale leghista è stato tranchant: «Dobbiamo cercare civici. I politici non sono vincenti in questo momento». Vuol dire via dal tavolo le candidature di Fdl di Fitto (in Puglia) e Acquaroli (nelle Marche, dove la Lega punta sul sindaco di Jesi, Bacci) e del forzista Caldoro in Campania.

Un vertice si terrà all’inizio della settimana, con FI che punta i piedi la Meloni che ha disotterrato l’ascia di guerra. Da una parte Salvini e Meloni che non credono al dialogo con il governo e marcano, seppur in competizione, lo spazio dell’opposizione dura e pura. Dall’altra Forza Italia e Berlusconi, che ancora puntano a un un governo di unità nazionale. Ma è una linea che trova qualche dissenso anche all’interno degli azzurri, in diversi sospettano che le manovre del Cavaliere abbiano lo scopo di accreditarlo per un posto tra i papabili alla gara che si aprirà sul prossimo presidente della Repubblica (speranza vana diciamo noi) o che servano solo a fini di salvaguardia delle sue aziende (ipotesi molto più concreta, probabilmente dietro suggerimento dei figli).

Mentre continuano le defezioni e i passaggi di campo fra i parlamentari di FI. La Lega, dopo aver strappato a Berlusconi alcuni portatori di voti in Campania (gli ex azzurri Nappi e Zinzi) si appresta a rimpinguare le forze nei gruppi di Camera e Senato (si fanno i nomi di due senatori e di altri quattro o cinque deputati). Ma sulle regionali la Meloni non è disposta ad arretrare di un millimetro: «Non decide la Lega. Se poi Salvini vuole correre da solo si prenderà le sue responsabilità», dice un big di Fdi.

Dunque ancora nessun accordo in seno al centrodestra, ma neppure nel campo giallorosso la sparata di Franceschini che annunciava accordi col M5S alle regionali, inizialmente per la Liguria, ha poi avuto alcun seguito, anzi sono nate le baruffe con Conte, che – secondo voci non confermate- sarebbe intenzionato ai formare un partito tutto suo (Con – Te?), accreditato del 14%.

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Se dobbiamo credere ai sondaggi, nelle intenzioni di voto per la Camera, calcolando i seggi nella composizione prevista con la riforma soggetta a referendum, rilevate da Ipsos alla fine di maggio, la Lega di Matteo Salvini è passata dal 32 al 24,3 per cento. In termini di seggi potenziali da 149 a 112. Un crollo che non è compensato dalla crescita fatta registrare nel medesimo arco di tempo da Fratelli d’Italia, salito al 16,2 per cento, oltre 4 punti in più rispetto a febbraio (a una incollatura ormai dal M5S, attestato al 16,7 per cento). Tradotto in seggi alla Camera, significa passare da 56 a 74 deputati, sommati a quelli della Lega fanno 186.

Se si fosse votato a gennaio con il sistema elettorale proposto, ovvero il proporzionale con uno sbarramento al 5%, Lega e Fratelli d’Italia avrebbero raggiunto la maggioranza a Montecitorio da soli, mentre oggi Forza Italia sarebbe decisiva per far raggiungere la maggioranza al centrodestra.

Forza Italia infatti passerebbe dal 6,5 al 7,4 per cento, cioè da 29 a 33 deputati, che sono giusto quelli che servono al centrodestra per raggiungere la maggioranza assoluta a 219 voti. Quindi, sono fondamentali.

Ma i voti del Berlusca fanno gola anche ai giallorossi, visto che la simulazione di Ipsos accredita al Pd 100 seggi (erano 96 a febbraio), mentre al M5S 76 (erano 65). Italia viva di Matteo Renzi non va al di là del diritto di tribuna e conferma 3 seggi, mentre rimane esclusa la sinistra (Leu), oggi al governo con il ministro della Salute Roberto Speranza. Stessa sorte per Azione di Carlo Calenda. In tutto, centrosinistra e 5 Stelle possono contare su 179 seggi, sommati ai 33 di Forza Italia farebbero 212.

Senza dimenticare che dall’ultima rilevazione emerge una quota di indecisi superiore al 43 per cento, uma massa di voti che, spostata anche parzialmente in uno dei due campi, potrebbe sparigliare i conti. Quando gli equilibri tra i partiti sono così sottili, basta poco per modificare, anche radicalmente, il quadro potenziale di oggi.

Ma si tratta forse di fantapolitica, vediamo intanto come andranno le regionali.

Paolo Padoin

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