Il governo apre, ma ha pronto un piano di chiusure in caso di necessità. La situazione negli altri Stati

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Le diatribe fra Governatori, gli interventi del ministro Boccia che ha mirato prevalentemente a bocciare le regioni di centrodestra e a promuovere quelle di centrosinistra, la divergenza di opinioni fra governatori dello stesso orientamento politico e la voce dei sindaci che hanno voluto far sentire il peso delle grandi città. Questo il bailamme che ha preceduto la decisione del Governo di aprire quasi tutto, salvo eccezioni, in tutte le regioni, senza distinzione fra quelle ancora affette da molti contagi e diversi morti e quelle che da sempre sono risultate quasi immuni, prevalentemente al sud. Comunque il Governo, in caso di risalita dei contagi, ha pronto un piano B per tornare alle chiusure, almeno così ci dice Marco Conti sul Messaggero.

Non è un mistero infatti che la riapertura quasi totale dappertutto, senza distinzioni, con la conseguente libertà di circolazione degli italiani preoccupi gli amministratori locali, specie del centrosud e delle isole.

Questi timori sono presi in seria considerazione dal Governo, al punto che non si esclude la possibilità che possano emergere nuovi focolai anche nelle zone che da tempo registrano zero-contagi. Un rischio immediato, ma che il Paese – e non solo l’Italia – dovrà correre anche nei mesi futuri visto che gli scienziati sostengono da tempo che avremmo a che fare con il virus sino alla scoperta e alla commercializzazione del vaccino.

Speranza e Conte ne sono consapevoli e sono pronti ad intervenire, chiudendo intere zone o province, anche in supplenza dell’amministrazione regionale, tanto più che la procuratrice di bergamo, che sta conducendo un’inchiesta sulle cd zone rosse, ha affermato che la chiusura spettava alla autorità nazionali.

Conte e Speranza, valutata la situazione sanitaria, ma anche quella socioeconomica che adesso preoccupa forse di più cittadini e governo, sperano che il virus possa essere gestito senza gli affanni delle scorse settimane, con le cautele e le prescrizioni dovute. Ragionamenti che il ministro Boccia ha ripetuto ai presidenti di regione, e che ricalcano quelli già fatti in occasione della riapertura delle attività economiche. Il tentativo di mediazione messo in atto da palazzo Chigi e da Boccia ha lo scopo di evitare fughe in solitaria di presidenti e ordinanze restrittive che aprirebbero la strada ad un caotico contenzioso, vista la volontà espressa dal governo di voler ricorrere contro le ordinanze regionali restrittive.

Perché il governo vuol tenere sotto controllo la situazione interna, ma pensare anche ai riflessi internazionali che certe decisioni possono produrre. Sostenere che dal 15 giugno i paesi europei dovranno riaprire tutti i loro confini e tollerare il fatto che qualche regione tenga chiusi i propri, sarebbe un clamoroso autogol a livello internazionale. Da mercoledì ci si potrà quindi spostare di regione, e cadrà anche l’obbligo della quarantena per chi proviene dai paesi europei. Un requisito che alcuni presidenti di regione (ad esempio la Sardegna) potrebbero reintrodurre con apposita ordinanza, caricandosi però della responsabilità di creare difficoltà al turismo in tempi prossimi alla campagna elettorale di settembre.

Questa infatti la situazione degli spostamenti fra i vari Stati. Dal 3 giugno l’Italia riapre le sue frontiere all’interno dell’area Schengen, con il Regno Unito, Andorra, Principato di Monaco e San Marino. Chi arriverà da queste zone non sarà più soggetto alla quarantena. E gli italiani potranno riprendere a viaggiare verso le stesse destinazioni. Ma sono ancora pochissimi gli Stati che ci aprono le porte: al momento solo Francia (con un’autocertificazione), Croazia (solo con la prenotazione di un albergo), Svezia, Serbia e Albania.

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Germania, Olanda, Portogallo, Islanda, Turchia potrebbero riaprire le frontiere il 15 giugno, in Inghilterra via libera dall’8 ma con 14 giorni di quarantena mentre la Spagna riaprirà agli stranieri senza alcuna restrizione dal 1° luglio. La Grecia rivaluterà tra un mese se e quando aprire agli italiani. E la chiamano Unione Europea…….

Paolo Padoin

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