Recovery Fund: Ue svela i nodi principali, ci saranno tre pilastri per la ripresa, totale 1.000 miliardi

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Il Recovery Fund, al quale Conte guarda con tanta fiducia e le opposizioni con sospetto, non sarà un semplice fondo, ma un Recovery Instrument o Recovery Plan, un Piano per la Ripresa dalla recessione provocata dalla Covid-19, composito, basato su tre pilastri e strettamente legato all’Mff, il Quadro finanziario pluriennale dell’Ue, cosa che, tra l’altro, ne garantisce il controllo democratico da parte del Parlamento Europeo. Finanziato a debito, dovrebbe comprendere sia prestiti che trasferimenti e sosterrà gli investimenti, e le riforme, in linea con le priorità politiche dell’Ue, cioè la transizione verso un’economia verde e digitalizzata.

Mercoledì prossimo la Commissione Europea presenterà la propria proposta sul Recovery Instrument o Recovery Plan, il quarto strumento del pacchetto anticrisi Ue, e probabilmente anche sull’Mff 2021-27. Proposta che poi finirà sul tavolo dei capi di Stato e di governo riuniti nel Consiglio Europeo, che dovrebbero esaminarla nell’appuntamento del 17 e 18 giugno, a Bruxelles.

La potenza di fuoco è ancora indeterminata, ma la Commissione ha indicato più volte che avrà un calibro intorno al bilione di euro, cioè mille miliardi. La proposta franco tedesca parla di 500 mld, la metà, fatta però di soli trasferimenti. Si attende la proposta dei Paesi ‘frugali’ (Olanda, Austria, Svezia e Danimarca), contrari alla concessione di trasferimenti: di sicuro chiederanno che siano prestiti e difficilmente la cifra sarà molto generosa. Non sarà però una controproposta: nessun Paese Ue, dopo le previsioni di primavera che danno una base numerica alla recessione che sta già affossando l’economia europea, contesta la necessità di uno strumento comune.

Il presente e il futuro prossimo dell’Ue e dell’Eurozona è fatto di nubi nerissime (il Pil è previsto in calo del7,7% nell’area euro quest’anno, contro il -4,5% del 2009, anno nero della crisi finanziaria).

Il piano verrà finanziato a debito, debito che non sarà degli Stati membri, ma della Commissione Europea, che ha un rating elevato (tripla A dalla maggior parte delle agenzie). La Commissione emetterà obbligazioni e i fondi così raccolti dovrebbero essere girati agli Stati membri sotto forma di prestiti back-to-back, seguendo lo stesso meccanismo utilizzato per il piano Sure, che si basa sull’articolo 122 del Tfue. La scadenza delle obbligazioni, come quella dei prestiti, dovrebbe essere lunga. A garanzia di questi bond, quale che sia la scadenza, sarà il cosiddetto headroom del bilancio Ue, cioè la differenza tra impegni, le spese giuridicamente autorizzate, e pagamenti, quelle effettuate. Von der Leyen ha indicato un tetto del 2% del Reddito nazionale lordo per l’Mff, con un headroom quindi intorno allo 0,8% dell’Rnl.

Al di là delle modalità di finanziamento, il Recovery Instrument dovrebbe essere basato su tre pilastri.

Il primo avrà il grosso dei soldi, probabilmente il 50%, e sarà costituito anzitutto dalla Recovery and Resilience Facility (Rrf), che avrà un “chiaro legame” con il semestre europeo, quindi anche con le raccomandazioni specifiche per Paese, e finanzierà negli Stati membri “investimenti e riforme chiave” allineati con le “politiche europee”, come ha detto von der Leyen. Prenderà spunto dal Bicc, l’embrione di bilancio dell’area euro varato a Lussemburgo alla fine dell’anno scorso, che potrebbe avere un budget superiore a quello inizialmente previsto. La Rrf, nelle parole di von der Leyen, preparerà la strada verso “un’Europa neutrale in termini di emissioni, digitalizzata e resiliente” e sarà focalizzata sulle parti dell’Ue più colpite, dove “le necessità di resilienza sono maggiori”. Il primo pilastro avrà anche un secondo braccio, oltre alla Rrf, che consisterà nell’aumento dei fondi Ue per la coesione rispetto al solito. Questo surplus verrà allocato “sulla base della severità dell’impatto economico e sociale della crisi”.

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Il secondo pilastro mira a rilanciare l’economia e gli investimenti privati, specie in ambiti strategici come il 5G, l’intelligenza artificiale, l’idrogeno, le energie rinnovabili. Dovrebbe prevedere un rafforzamento di InvestEu per il 2021-27, l’erede del piano Juncker. Ci sarà una facility per gli investimenti in catene cruciali per l’autonomia strategica e per “ridurre la dipendenza dall’estero”, anzitutto nella farmaceutica.

Il terzo pilastro del Recovery Instrument rafforzerà programmi comuni come RescEu, il Meccanismo Ue di protezione civile che sta costituendo riserve strategiche di materiale protettivo e di ventilatori polmonari, e Horizon Europe, il programma di sostegno alla ricerca. Ci sarà anche un programma Ue dedicato alla salute e programmi di sostegno ad alleati e partner.

Il Piano per la Ripresa, è stato detto a più riprese, sarà “frontloaded”, a trazione anteriore, cioè con le risorse caricate sui primi anni del 2021-27, quando le necessità saranno maggiori, prevede trasferimenti e anche la possibilità di anticipare una parte degli investimenti già quest’anno, utilizzando “provati spazi di finanziamento basati su garanzie nazionali, ha detto von der Leyen.

Su una cosa von der Leyen è stata abbastanza chiara: per funzionare, il Piano per la Ripresa sarà basato su piani nazionali, che gli Stati membri dovranno redigere, stilando programmi e piani di spesa e dovrebbero mettere un po’ di ordine nelle proprie strutture burocratico-amministrative, che spesso non brillano per efficienza.

Come ha ricordato l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, della Lega, alla Stampa, «storicamente il nostro Paese, con governi di destra e di sinistra, si è mostrato incapace di spendere i fondi delle Regioni del vecchio Obiettivo 1», ed è questo un rischio che non possiamo più correre.

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