Coronavirus, Italia riparte: terza corsia Autostrada A1, si scava la galleria Santa Lucia

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E’ una macchina lunga oltre 150 metri, ed ha la capacità di scavare la roccia di quasi due metri in un’ora. Si chiama fresa Santa Lucia e ha ripreso a lavorare da ieri, 20 aprile, per perforare l’omonima galleria, nel Mugello, per costruire la terza corsia dell’Autostrada A1 che collegherà la variante di valico, che attraversa l’Appennino, con Firenze Sud. E’ un pezzo d’Italia che riparte per dar vita a un’infrastruttura viaria d’importanza fondamentale per il Paese.

I lavori del cantiere erano stati interrotti per l’emergenza coronavirus. Sono stati ripresi, in via preparatoria, dopo Pasquetta, ma solo da 24 ore hanno ritrovato il pieno regime. Più giù, dopo Firenze, sono ripresi anche i lavori per l’altro pezzo di terza corsia: quella che collegherà il casello di Firenze Sud con l’uscita di Incisa-Reggello.

Per scavare la galleria Santa Lucia, lunga sette chilometri e mezzo, opera di Pavimental, società controllata da Autostrade per l’Italia, sono impegnati circa trecento persone, fra operai e tecnici. Rigorosissime le misure disicurezza anti-coronavirus: appena uno entra nel cantiere gli misurano la febbre. Le distanze sono controllate sia dove si mangia, dove si dorme e, naturalmente, dove si lavora. Coordina le operazioni l’ingegner Italo Menegola. Il quale conta di finire lo scavo, senza altri intoppi, nel giro di un paio di mesi. L’inaugurazione della galleria potrebbe avvenire entro il 2021. Ma anche in questo caso, le previsioni sono una scommessa. Che Autostrade per l’Italia e Pavimental vogliono comunque vincere.

C’è una luce di speranza negli occhi di questi tecnici e di questi operai, costretti, nelle settimane passate, a stare lontani dal lavoro e, alcuni di loro, in quarantena. Considerano una grande vittoria aver rimesso elmetto e scarpe antifortunistiche, qui in glleria. E non gli è costato molto partecipare a corsi accelerati di formazione. Quella contro gli infortuni fa parte del bagaglio professionale. Ma hanno dovuto aggiungere le misure contro la diffusione del Covid-19. Ognuno ha preso nota e ha messo in atto con scrupolo le nuove disposizioni. E una delle persone più contente è Pino Di Lascio, il macchinista della fresa: ossia colui che fa andare la macchina da una cabina piena di monitor, dove segue l’avanzamento dello scavo, lo scorrere dell’acqua nei canali predisposti e il lento viavai del nastro che trasporta fuori galleria lo smarino, cioè il materiale di scavo.

Si tratta di un lavoro lungo e ripetitivo, ma prezioso: si spacca la roccia, appunto con la cadenza di circa due metri ogni ora, per dare al Paese un nuovo pezzo d’autostrada, capace di completare la Variante di valico che attraversa l’Appennino, collegarla con il casello di Firenze Nord. Dove, ormai da anni, ci sono i 20 chilometri di terza corsia che corrono intorno alla città fino a Firenze Sud. E da dove, come detto, un altro pezzo di terza corsia è in costruzione per arrivare fino a Incisa-Reggello. Da lì è pronto il progetto per altri chilometri di terza corsia fino al Valdarno, per servire il vasto territorio fra i comuni di San Giovanni, Montevarchi, Terranuova Bracciolini. Si tratta del Valdarno operoso e industriale che sta mettendo a punto il suo apparato produttivo, sfiancato dallo stop per il coronavirus, ma non domato. E voglioso di ripartire. Così come il Mugello, nel quale la fresa più grande d’Europa non sta solo spaccando la roccia, ma aggiunge un segnale di grande speranza: per l’Italia tutta intera.

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