Coronavirus: Italia serrata. Conte: «Fabbriche chiuse. Aperti solo alimentari, farmacie, poste»

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L’annucio è di quelli forti: chiuse le fabbriche. Rieccolo, Giuseppe Conte: quando l’Italia sta per andare a letto, annuncia provvedimenti più stringenti, dopo quelli, molto severi, annunciati dal governatore della Lombardia, Attilio Fontana. Sembra un rincorrersi a chi vuol essere più rigido, a poco più di 24 ore dall’ultima ordinanza sulla chiusura di parchi e giardini e dal divieto di andare nelle seconde case nel week end. Così, alle 23,24 di sabato 21 marzo, dopo una riunione sull’emergenza coronvirus con le parti sociali e con i capi delegazione della maggioranza, il presidente del consiglio è riapparso in diretta. Con queste parole: «La morte di tanti concittadini è un dolore che ogni giorno si rinnova. Piangiamo persone e storie di famiglie che perdono gli affetti più cari. E’ la crisi più difficile dal secondo dopoguerra. Dobbiamo prendere provvedimenti drastici. Ma non abbiamo alternative: dobbiamo resistere. Il nostro sacrificio di restare a casa è minimo rispetto ai medici, agli infermieri, alle forze dell’ordine, alle forze armate, ai farmacisti, ai camionisti, ai lavoraori dei servizi pubblici e a chi lavora nell’informazione. Oggi compiamo un altro passo: chiudere su tutto il territorio nazionale ogni attività produttiva che non garantisca servizi essenziali. Abbiamo indicato una filiera indispensabile: resteranno aperti supermercati e negozi di alimentari. Non c’è ragione di formare code. Aperte le farmacie. Conseniti i servizi bancari e assicurativi, le poste. Trasporti e attività accessorie. Al di là di questo
consentiremo solo attività in smart working».

E ancora: «Emergenza sanitaria si trasforma in emergenza economica. Lo Stato c’è. E’ qui. Il sacrificio richiesto è duro. Dobbiamo rispettare tutte le regole, si tratta di misure severe, non è facile. Non abbiamo alternative, dobbiam»o resistere. Solo così tuteleremo noi stessi e le persone che amiamo. Quelle rinunce che oggi sono un passo indietro, domani ci consentiranno di tornare nelle nostre piazze e di
abbracciarci, non rinunciando alla speranza nel futuro. Uniti ce la faremo».

Sandro Bennucci

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